Stare ancora al Governo o uscirne in buon ordine? Questo l’interrogativo che parrebbe agitarsi tra le fila del Movimento Cinque Stelle guidato dal professore e avvocato, già Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. Checché se ne voglia pensare, la circostanza, apparsa fin da subito in tutta la sua rilevanza, rappresenta una vera e propria “scossa sismica” a livello parlamentare siccome, nell’ipotesi della sua verificazione, l’attuale Presidente del Consiglio perderebbe di colpo la propria maggioranza, e quindi la fonte stessa della sua legittimazione.

Ma questa evenienza rappresenta realmente un “vulnus” per il Paese Italia, oppure la tanto attesa salvezza rispetto all’adesione a politiche di carattere interno e internazionale poco condivise a livello sociale e per niente rispettose del volere della gran parte dei cittadini? Riflettiamoci anche per un solo istante. Vorrebbero indurci a credere che sia necessario garantire l’operatività di questo Governo di (dis)Unità Nazionale fino alla sua naturale scadenza quasi per un senso di doverosa responsabilità. Vorrebbero inculcarci l’idea che il “cambiamento” del Paese debba necessariamente passare attraverso un orizzonte di riforme programmate e condivise presupponenti ingenti investimenti siccome così richiestoci, ancora una volta, dall’Unione Europea. Vorrebbero ancora imporci una visione politica teleologicamente quanto asfitticamente auto-utilitaristica, fondata sulla mescolanza dei “diversi” in alternativa ad un bipolarismo fallace, finora elemento costante di governo, siccome superato dalle “evidenze” di una condizione di pretesa ingovernabilità emergente dalla nascita e dal contestuale declino dei due governi giallo-verde prima e giallo-rosso poi, fuoriusciti da miserevoli accordi di palazzo nel nome di principi e meccanismi comunque costituzionalmente garantiti. Quasi a voler significare, e maldestramente direi, che, invece, l’attuale esecutivo non sia l’esito di un accordo superiore di opportunismo per essere stato voluto niente meno che da Sergio Mattarella. Vorrebbero ancora indirizzarci nel senso di considerare, quasi alla stregua di una benedizione, la grande fortuna dell’avere una guida solida (tale sarebbe Mario Draghi) e autorevole a livello internazionale, in realtà ritenuta tale solo allorquando si appiattisca ai diktat e alle direttive calibrate sulle sole esigenze dei massimi sistemi europei e americani.

Tutti vorrebbero insomma, ma noi, Popolo Italiano, schiacciati sotto il peso di una crisi economica, alimentare oltre che pandemica, cosa vogliamo? Ce lo siamo domandati, o pretendiamo che il “Sistema”, quello politico si intenda, voglia mutare se stesso quasi per “grazia ricevuta” all’insegna di un “ravvedimento operoso” tanto atteso quanto utopistico nelle sue possibilità di realizzazione? Siamo davvero sicuri che questa sia la narrazione corretta dello scorrere degli eventi (cadenzati dai ritmi surreali di un conflitto che non ci appartiene in alcun modo) e non rappresenti, piuttosto, l’escamotage vincente per salvare “culo e poltrone” di quanti ancora si fanno leciti, seppur schierati in differente “formazione politica e partitica” di circostanza, di continuare a guidare un Paese pur nell’insipienza, sembrerebbe, delle strategie utili a farlo nel migliore interesse comune, e senza mai condividere fino in fondo, neppure in senso anche astrattamente solidaristico, il “disagio” della gente comune per aver voluto continuare a conservare intatti i loro privilegi e i loro portafogli?

Diciamocela tutta fino in fondo: l’obiettivo di questa “ammucchiata” di governo sembra essere solo e unicamente quello di giungere indenne fino ai primi mesi del prossimo anno per poter favorire, una volta passata la legge di bilancio, ammesso e non concesso che ci si riesca, l’approvazione di una nuova legge elettorale, sempre in senso proporzionale (vista e considerata l’esigenza sottaciuta ma sperata di preservare la “seggiola” dei più) in modo tale da poter arrivare al voto prima dell’estate prossima garantendo a Mario Draghi, altrimenti privo di un Parlamento operativo per essersi, lo stesso, comunque, quasi auto-soppresso sul piano squisitamente decisionale, di continuare a dirigere l’agenda nel nome del raggiungimento degli obiettivi del famigerato Pnrr.

Ma poi: si tratta per davvero di senso di responsabilità? Come mai può rappresentare il Paese un Presidente del Consiglio dei Ministri che, dinanzi al disagio del proprio popolo, l’unica risposta che riesca ad abbozzare sia espressa da una ulteriore domanda dalla consistenza raccapricciante nel suo significato (“preferite la pace o il condizionatore acceso”)? Eppure ci avevano illusi di poter fungere da “cerniera” di congiunzione fra l’asse franco-tedesco e il Mediterraneo, e ci avevano ancora detto che l’Italia era, e avrebbe continuato ad essere, vera protagonista nell’ambito dell’Alleanza Atlantica. Anche a tutto voler concedere, all’evidenza, così non è stato e così non è. Si ha l’impressione di essere solamente un Paese stampella al seguito di coloro che nel voler e poter meglio decidere per loro stessi decidono pure per gli altri (Italia compresa), nella piena consapevolezza della inesistenza di Istituzioni forti al suo interno capaci di opporsi al dominio delle grandi potenze mondiali.

Pare proprio che la prerogativa irrinunciabile dell’Italia sia divenuta, con il tempo, quella di trovare ricovero “sotto l’ombrello” di qualcun altro per non averne mai avuto uno proprio, e di dovere a quell’altro riconoscenza e reverenza “in secula seculorum”: poco importa a quale prezzo. Tale sarebbe la solidità che avrebbe dovuto garantirci Mario Draghi? Se queste sono le premesse per l’Europa che verrà, allora restituiteci Giuseppe Conte come Presidente del Consiglio e il bi-polarismo sbilenco e imperfetto all’interno del quale il Parlamento ancora aveva un ruolo. Sembra chiaro che se proprio si deve scegliere tra due mali, allora si cerca di scegliere quello minore comunque frutto dei meccanismi consolidati della democrazia correttamente intesa. Oppure, ancora meglio, consentite al popolo, attraverso il voto anticipato, di esprimere la propria volontà. E non si dica che l’aver disertato le urne in occasione delle ultime elezioni comunali costituisce il segnale evidente del disinteresse degli italiani all’esercizio di un proprio diritto solo per avere il pretesto di non consentirne l’esercizio. Perché anche il “non-voto” è un segnale di protesta: ai cittadini, probabilmente, sembra apparire quale unico modo per urlare a gran voce che attraverso i soliti giochi di palazzo, chi governa per il proprio tornaconto finisce comunque per annullarne gli esiti (i governi giallo-verde, giallo-rosso e di unità nazionale ne sono l’esempio calzante, come pure, in molti casi, gli esiti di referendum poi disattesi a distanza di anni).

E allora non sarebbe il caso di domandarci come potrebbe essere un nuovo Governo senza Mario Draghi e frutto reale della volontà del popolo perché disposto a farne il migliore interesse? Ebbene. Tanto per cominciare, potrebbe essere un Governo disposto al confronto audace, “faccia-faccia”, con i vertici Nato, per imporre una posizione di neutralità votata alla ricerca della pace. Sempre per cominciare, potrebbe essere un Governo che tenga la barra dritta, al di là di ogni necessitata reverenza, sulla pretesa di rinvenire soluzioni economiche apprezzabili a fronteggiare gli effetti speculatori della pandemia e del conflitto russo-ucraino abbandonando la dialettica strumentale che vuole vedere un aggressore e un aggredito laddove, forse, non vi siano veri innocenti eccezion fatta per i popoli direttamente e rispettivamente coinvolti loro malgrado. E ancora, per cominciare, potrebbe trattarsi di un Governo finalmente espressione forte e decisa della volontà popolare, ben capace di far parte dell’Europa assumendone davvero un ruolo guida per essere espressione diretta di un Paese orgogliosamente fondatore. Ma vogliamo continuare con i “se” e con i “ma”? Il futuro appare come una gigantesca incognita e probabilmente ci ritroveremo a fare affidamento sulla forza oppositiva di chiunque si opponga a questo nuovo-vecchio “Sistema” di Governo. Sarà ancora una volta il M5S ad assumersi questo ruolo?

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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