Alla fine è tutta una questione di luci. Da quella che non avrebbe dovuto illuminare Christian Solinas, l'"uomo invisibile" (così sarcasticamente ribattezzato dal principale avversario), che invece ha vinto, a quella che ha brillato ma non abbastanza di Massimo Zedda; da quelle sempre più lontane delle Cinque Stelle cadenti a quella dei tre candidati identitari (Maninchedda, Pili e Murgia) troppo fioca per guadagnare la ribalta. Solinas è dunque il nuovo governatore della Sardegna. Tutti diranno oggi che ha sfruttato il vento che sospinge il centrodestra, e in particolar modo Salvini. Pochi invece avranno il coraggio intellettuale di riconoscere le doti del vincitore - pacatezza e concretezza - e soprattutto il merito di aver tolto un po' di polvere ideologica dal vessillo sardista, spezzando un tabù che, in tempi di dualismo fra europeismo e sovranismo, non aveva più un vero motivo di resistere.

Zedda è sconfitto ma esce a testa alta. Non è riuscito a cancellare l'immagine opaca e per molti versi fallimentare della giunta dei professori ma indica una strada percorribile - il campo allargato del centrosinistra - che solo fino a poche settimane fa sembrava impraticabile per un Pd agonizzante. Sulle ragioni del tracollo dei Cinque Stelle argomenta più diffusamente il collega Mario Sechi. Qui basti dire che appare evidente la differenza fra un Movimento che all'opposizione può catalizzare il malcontento e un partito che, chiamato a governare, mostra tutti i suoli limiti.

Doloroso - almeno per chi scrive - il modesto esito dei candidati di area più marcatamente autonomista che pagano, per l'ennesima volta, incomprensibili divisioni. Nemmeno in coincidenza con una vertenza, quella dei pastori, che ha mostrato quanto forte sia il sentimento identitario dei sardi, sono riusciti a raccogliere un risultato apprezzabile. Urge, a bocce ferme, un ripensamento critico dal quale ripartire con rinnovato slancio.

E a proposito di urgenze ora la palla arriva nei piedi del nuovo presidente. Mai come questa volta occorre usare una frase che potrebbe suonare falsa, ma non lo è: Solinas deve essere il governatore di tutti, perché anche i perdenti hanno rappresentato istanze valide e delle quali non si può non tener conto. E deve anche fare in fretta perché la Sardegna non ha più tempo da perdere in sterili discussioni. Servono scelte precise in tanti settori fondamentali, dall'occupazione ai trasporti, dall'energia alla sanità, dalla riqualificazione del territorio al turismo.

Cinque anni possono sembrare un tempo lungo e invece sono maledettamente brevi se male impiegati. In cinque anni, dal 2008 al 2013, il lustro che ha segnato l'apice di una drammatica crisi economica, il nostro mondo è radicalmente cambiato, la globalizzazione ha sbattuto in faccia la realtà ai più deboli. La Sardegna è sembrata non accorgersene. È tempo di svegliarsi, di cambiare marcia. Per il bene di tutti, quelli che ieri hanno vinto e anche quelli che hanno perso.
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