L’andamento ingravescente della pandemia e la progressiva predisposizione delle misure di contenimento racchiuse nei diversi e ravvicinati Dpcm Conte, hanno avuto l’effetto non solo di ingenerare una considerevole inquietudine ed afflizione nell’intera popolazione ma anche comprensibili (fino a un certo punto) ed intensi riversamenti di bile in molti Presidenti di Regione dell’area di centro-destra, sentitisi a torto o a ragione penalizzati nell’esercizio del governo del territorio. Dal sei novembre scorso, infatti, nell’intento di contemperare le ragioni sanitarie con quelle non meno importanti di natura economica, è scattata la suddivisione delle Regioni Italiane in cosiddette zone gialle, zone arancioni e zone rosse con tutte le relative e certamente legittime, seppur in qualche modo fastidiose dal mio personalissimo punto di vista, limitazioni. A stupire, in particolare, è che nemmeno dinanzi ad un “nemico” comune tanto letale, quello che oramai resta della parte rappresentativa del nostro bel Paese, appaia in grado di accantonare il proprio interesse particolare, la demagogia spicciola ed il tatticismo strutturale di barricata per agire con responsabilità e senso di unità. Abbiamo sostenuto (il plurale ha solo valore argomentativo), e abbiamo voluto affezionarci convintamente, quanto stupidamente, senza sapere né perchè né per come, ad un tale livello di frammentazione politica e sociale siccome concepita, nell’immaginario, quale trampolino di affermazione individuale, da non riuscire più a recuperare il senso cristiano e civico della “comunità” e dei suoi valori portanti. L’accorato appello di Sergio Mattarella, che da mesi e mesi invoca l’unità contro i singoli egoismi territoriali e di partito, contro le partigianerie e contro i protagonismi per l’affermazione del senso di responsabilità, sembra essere caduto nel vuoto, dissoltosi nel vento delle pulsioni altalenanti delle schermaglie collettive. Con lo svilimento progressivo e graduale di contenuti e di attività dei vari partiti, la Repubblica Parlamentare sembra aver perduto definitivamente ogni suo impulso istituzionale. Ci ritroviamo ad essere sopraffatti da un senso irreversibile di disfacimento generalizzato, dal trionfo del qualunquismo regolamentare. Una buona parte della attuale classe dirigente, purtroppo di striminzita qualità ed accertata incapacità se si esclude il caso isolato del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte (e di pochi altri a lui vicini), unico faro nella nebbia dell’“ignoranza” collettiva, e purtroppo inserito suo malgrado in un contesto partitico per molti versi mutilante, fatica grandemente nel prendere consapevolezza dei disagi del momento e della necessità di operare con chiarezza e con trasparenza. I Presidenti di Regione, ed in taluni casi anche i Sindaci più rampanti, dal canto loro, se per un verso paiono voler rivendicare l’importanza e la preminenza del loro ruolo quasi fossero le divinità dominanti di piccoli mondi circoscritti erroneamente concepiti come realtà autonome a se stanti anziché come parti necessarie di un “tutto” più vasto, dall’altro sembrano rifiutare incomprensibilmente le responsabilità direttamente riconnesse al ruolo che essi stessi rivendicano nel momento in cui, chiamati in prima persona ad assumere decisioni per molti versi impopolari, si ritrovano imprigionati a dover e voler assecondare la più comoda politica dei “like” a tutto discapito dell’interesse collettivo. I massimi esponenti del governo territoriale, insomma, e detto altrimenti, vorrebbero la cosiddetta proverbiale “botte piena” e, contestualmente, la altrettanto proverbiale “moglie ubriaca”: vorrebbero rivendicare l’autonomia all’insegna dell’affermazione marcata di un sovranismo territoriale in realtà inesistente perché nella stragrande maggioranza dei casi male esercitato, ma tentennano e barcollano nell’accollarsi le loro relative responsabilità che vorrebbero invece far ricadere sulle spalle larghe e resistenti del Governo Centrale o meglio, rectius, del “mal sopportato” Presidente Giuseppe Conte. Né maggior affidamento possiamo fare nello schieramento di opposizione parlamentare condotto e gestito dai Sovranisti di bandiera Matteo Salvini e Giorgia Meloni, il quale schieramento, smarrito per “risucchio” ogni timido impulso liberale e democratico di stampo Azzurro, pare esser divenuto solo un terribile ed informe buco nero dalla fame atavica completamente e volutamente privo di capacità di adattamento ed iniziative utili e per questo favorevolmente incline ad assecondare il già esistente e persistente sentimento della paura e della rabbia sociale nell’ambito di un torbido gioco di contrapposizione mercanticida tra “poveri” di varia estrazione e nazionalità opportunamente strumentalizzato in chiave deviante. Difettano le idee e soprattutto difettano le azioni: ma il Popolo Sovrano non ha l’anello al naso e se condotto all’esasperazione reagisce sospinto dalla stanchezza e dalla disperazione. Quel famoso “rinnovamento” giallo-verde promesso in occasione degli esiti delle elezioni politiche dell’anno 2018 sarebbe stato meglio non averlo mai “conosciuto” a voler solo considerare il degrado irrefrenabile ed incandescente patito dagli assetti democratici a cagione dell’affermazione esasperata ed esasperante di un populismo estemporaneo da strada e da piazza che pare aver contaminato ogni ambito istituzionale. Ad oggi, se è vero, come è vero, che quella stessa attività istituzionale dovrebbe perseguire risultati certi e programmati operando scelte mirate ed assumendo le relative decisioni, le quali ultime erano e restano l’unico vero strumento dell’azione politica come pare aver ben compreso Giuseppe Conte, allora, allo stato attuale, considerata la generale inclinazione un po’ “anarchica” all’affermazione del “disappunto a prescindere” platealmente esercitato in danno dell’esecutivo e del suo Uomo di Punta, pare esser definitivamente caduto il palinsesto su cui un tempo oramai troppo lontano si reggeva la democrazia. E purtroppo ne stiamo pagando il prezzo salato nel momento peggiore, nel momento in cui avremo più bisogno di un Governo di Coalizione Nazionale sostenuto da tutti i partiti uniti finalmente nell’unica bandiera Tricolore e nella volontà di procrastinare a tempi migliori lo scontro fra ideologie ed interessi contrapposti per il bene comune.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato -Nuoro)
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