Cosa insegna Luna Rossa
M. F. ChiappeA bbiamo seguito la sfida tra le onde neozelandesi pensando a come potrebbe essere sull'acqua intorno alla Sella del Diavolo. Siamo stati svegli davanti alla tv con la speranza di portare l'America's Cup in Sardegna. Abbiamo tifato per Luna Rossa perché a bordo c'era un po' di questa terra e del suo mare. Sì, perchè se anche oltre il Tirreno in pochi lo sanno, la barca volante è stata varata e messa a punto a Cagliari.
Centoventi persone hanno lavorato 78 mila ore per arrivare a lanciarla fino a 35 nodi di bolina e 50 di poppa. Quel capolavoro ingegneristico che naviga più veloce di uno scafo a motore è stato realizzato col supporto tecnologico del Crs4 e allenato nel vento del Golfo degli Angeli.
L'abbiamo vista per mesi Luna Rossa, da vicino, vicinissimo, pur senza andare a cercarla: da Castello o via Roma, da Giorgino o dal Poetto, la mattina e la sera, passando in macchina, in bici, a piedi, di corsa. Lo scafo nero con gli artigli gialli per mesi ha fatto parte dello skyline della città. E quando, durante il lockdown, i velisti dall'inconfondibile divisa grigia postavano sui social i video dello scafo circondato dai delfini, li abbiamo “adottati”, senza riserve.
Ecco perché abbiamo applaudito fino alla fine delle notti di Auckland e quando abbiamo spento la tv per l'ultima volta siamo andati a dormire con un pensiero: non è finita. Lo sport insegna che dopo una sconfitta ci si allena con rabbia e si torna in acqua più forti di prima. Ed è il nostro augurio.
M a c'è di più. Per Cagliari quello di Luna Rossa è un sogno che può diventare realtà. Non tanto perché la base del team resterà al molo Ichnusa ma perché questa avvincente avventura indica una prospettiva concreta per cambiare il volto del capoluogo della Sardegna.
Lo sport è un'importante leva di cambiamento per le città. Alcune hanno cercato lo sviluppo con l'evento principe, le Olimpiadi, ottenendo non sempre risultati positivi, soprattutto dal punto di vista dei ritorni economici. Altre hanno organizzato manifestazioni più circoscritte, come quelle legate alla vela, centrando l'obiettivo. Tra queste Auckland e Valencia, che peraltro hanno scelto di costruire grattacieli: a Cagliari non sarebbe necessario. Basterebbe restaurare e rimettere a reddito le strutture pubbliche inutilizzate nei luoghi più belli: il carcere di Buoncammino, l'ospedale San Giovanni di Dio, la caserma di Calamosca, l'aeroporto militare di Elmas con le sue pregevoli architetture, la caserma di Monte Urpinu. Bisognerebbe riprendere in mano il nostro futuro avendo un'idea chiara in testa e facendo tesoro di quello che il caso ci ha posto davanti agli occhi. Sì, il caso. In fondo, se ci pensiamo bene, il molo Ichnusa è il luogo nel quale il caso ha voluto passasse la storia recente di Cagliari. Un terminal costruito per le crociere era diventato un monumento all'inefficienza e alla mala burocrazia: mentre passava un tempo infinito per progetti, finanziamenti, autorizzazioni e bando di gara la cantieristica viaggiava veloce, le nuove navi diventavano gigantesche e l'attracco non bastava più. Quando la struttura è stata inaugurata per accogliere i turisti si sarebbe dovuto dragare, e non di poco, i fondali. Risultato: al centro del molo è rimasta una cattedrale nel deserto. Bellissima e scandalosa. Poi, nel pieno della crisi determinata dai flussi migratori dalla Libia, la struttura è stata utilizzata come centro di identificazione delle migliaia di immigrati sbarcati dalle navi che facevano la spola per alleggerire i centri di accoglienza siciliani sempre sul punto del collasso. Dalle crociere festose al girone infernale dei disperati.
Nel 2017 un nuovo inizio, con la ribalta internazionale del vertice dei ministri dei Trasporti del G7. Infine, un bel giorno sono arrivati quelli di Luna Rossa. E con loro la possibilità di disputare a Cagliari le regate preliminari dell'America's Cup - le World Series - previste per l'aprile dello scorso anno. Il Covid ha cancellato la manifestazione capace di richiamare cinquantamila persone e rilanciare l'immagine della città sulle televisioni di tutto il mondo. Una delusione, seguita a quella altrettanto cocente per la mancata aggiudicazione delle Olimpiadi a Roma, che avrebbe portato a Cagliari le gare di vela. Ma come dice il team manager di Luna Rossa, Max Sirena, cittadino onorario di Cagliari, qui si può veleggiare 200 giorni all'anno e il campo di gara è vicinissimo. E diverse Nazionali vengono ad allenarsi. Senza contare che la vela non è solo agonismo ma anche turismo. E di qualità.
Dunque, parafrasando il pensiero di Monod, premio Nobel per la Medicina nel 1970, il caso ha voluto che su un molo e sul mare di Cagliari venisse costruita un'avventura spettacolare, espressione perfetta di quanto la società contemporanea sta cercando: il massimo dell'applicazione tecnologica coniugata alla totale sostenibilità ambientale. La necessità vorrebbe ora che sapessimo riconoscere i prossimi passaggi. Per fare di quella fortunata casualità la base del nostro futuro.
MARIA FRANCESCA CHIAPPE