Manifesto di Ventotene, tra strategia e contraddizione
Le divisioni tra i Paesi Ue e la debolezza internazionale del vecchio continentePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’argomento che sembrerebbe aver captato l’attenzione generale nel corso della settimana appena trascorsa è quello relativo all’intervento della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene alla Camera, la quale ha dichiarato, stando a quanto riportato dagli organi di stampa, che “l’Europa del Manifesto di Ventotene non è (ra) la (sua) Europa”. Che, come da taluno rilevato, possa essersi trattato solamente di una strategia argomentativa per non dover palesare la diversità di vedute esistenti all’interno della maggioranza di governo sulla questione spinosa del riarmo, oppure del pensiero convinto (e legittimo) della dichiarante, probabilmente non parrebbe avere troppa rilevanza da un punto di vista esegetico, ossia squisitamente interpretativo.
Ad emergere, parrebbe (il condizionale è doveroso) piuttosto essere la potenziale debolezza non solo del governo italiano, all’interno del quale parrebbero iniziare ad emergere importanti differenze di vedute soprattutto con la Lega di Matteo Salvini sempre più vicino alle posizioni della Amministrazione Trump, ma anche, e soprattutto, e di conseguenza, dell’Unione Europea, di cui l’Italia è Paese Fondatore.
In siffatto contesto andrebbe, invero, piuttosto inquadrata quella dichiarazione. Dicendolo diversamente, quella dichiarazione, probabilmente estemporanea nel contesto di riferimento (la formula dubitativa si impone), ossia proprio allorquando ad emergere sembrerebbe essere la profonda debolezza dell'Unione Europea e dei ventisette Paesi che la compongono, potrebbe essere il riflesso della attuale mancanza, a livello europeo, di quella agognata idea di “Federazione” utile a conferire alla stessa attuale Unione Europea lo status politico e giuridico necessario per imporsi concretamente quale player internazionale in un contesto geopolitico in divenire e di difficile comprensione se rapportato alla storica, ed oramai desueta, divisione tra Occidente e Oriente.
La nuovissima ed inedita posizione degli Stati Uniti di Donald Trump sembra aver contribuito, quale fattore determinante, a destabilizzare, in linea generale, il Vecchio Continente, per anni allineato alle posizioni dell’alleato americano, su cui probabilmente aveva fatto indiscusso affidamento rimandando di volta in volta le questioni rilevanti afferenti la propria composizione e struttura rimaste alla condizione embrionale. Condizione embrionale che una pura e semplice, quanto onerosa politica di riarmo, non sarebbe idonea a sviluppare. L’alleato, guidato da Donald Trump, se volessimo usare una metafora, ha invertito la rotta, e l’Unione Europea sembra essere inciampata.
L’Unione Europea, quindi in buona sostanza i ventisette Paesi Membri, al di là ed oltre le divisioni interne, che altro non sembrerebbero se non la dimostrazione della fragilità politica ancora esistente su questioni fondamentali, dovrebbero iniziare a gettare le basi per la costruzione di quella Federazione unica ed unitaria che rappresenta la vera e concreta risposta al potere tanto degli Stati Uniti d’America di Donald Trump, quanto della Russia di Vladimir Putin.
I singoli Paesi Membri, in se e per se considerati, non sembrano poter aspirare ad alcuna affermazione, e le divisioni tanto interne, quanto europee, altro non sembrerebbero acclarare se non l’irrilevanza sul piano internazionale del Vecchio Continente.
Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro