L’emergenza Covid-19, stando alle “direttive” enunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sarà inevitabilmente la priorità nell’agenda politica del nuovo esecutivo. E mentre Bruxelles, a quanto si apprende dai principali mezzi di informazione, si preoccupa di intraprendere trattative con le case farmaceutiche di riferimento al fine di incrementare l’arrivo delle dosi vaccinali, il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, fin dalle sue dichiarazioni iniziali ha annunciato un decisivo, quanto necessario, cambio di passo in materia da realizzarsi mediante la predisposizione di una sincronizzazione logistica adeguata e aderente alle esigenze delle diverse aree del Paese, siccome (presumibilmente) finalizzata, quella logistica si intenda, a consentire e favorire una somministrazione più rapida e più efficace delle dosi a disposizione.

Le criticità, tuttavia, chiaramente restano, e persistono nella loro molteplicità e complessità pratica perché, come sempre, “tra il dire e il fare vi è di mezzo il mare”: occorrerà, piuttosto, e non solo, valutare attentamente, tra le altre esigenze, l’opportunità di modificare il “Piano Vaccinale” in considerazione della volontà manifestata da talune importanti realtà regionali di voler procedere autonomamente all’acquisto dei vaccini anti-Covid. E già si profila, come sempre, una probabile Babele di iniziative che, verosimilmente, potrebbe avere il solo sicuro effetto di incrementare la confusione e rallentare ulteriormente ogni utile iniziativa statale.

Certo è, dal mio umilissimo punto di vista, che fintanto che la produzione e la distribuzione dei vaccini saranno vincolate alle dinamiche dei mercati, non avremo possibilità alcuna di gestire in maniera davvero agevole e rapida la campagna di vaccinazione in funzione solidaristica. Il ragionamento ispiratore di ogni iniziativa in argomento dovrebbe sottostare, come di fatto deve sottostare, all’imprescindibile “principio di razionalità” delle “scelte” in considerazione degli interessi di ordine costituzionale evidentemente coinvolti. Ma se è vero, come è vero, che i vaccini sono utilissimi nella prospettiva del contenimento del contagio, e che pertanto debbono essere garantiti a quanti più cittadini del mondo possibili, perché, nel corso dei mesi appena trascorsi, abbiamo dovuto scoprire l’essere altrettanto vero che la loro drammatica scarsità ha reso necessario, all’attualità, ripensare ad un “ordine di priorità” nella distribuzione, ad una “logica” coerente nella loro somministrazione che garantisca, primariamente, l’uguaglianza sostanziale di ogni essere vivente a fronte di condizioni diseguali di esistenza, e non solo, al di là ed a prescindere dai meccanismi articolati, e spesso disumani ed incoerenti, della geopolitica mondialistica che ancora si fanno leciti di frapporre resistenze vergognose alla possibilità di intraprendere una temporanea sospensione di tutti i diritti di proprietà intellettuale in ambito farmaceutico sul presupposto che proprio il vaccino anti Covid-19 costituisca un farmaco salva vita e per ciò stesso un “bene comune”?

Purtroppo, nel corso dei tanti e dei lunghi mesi trascorsi tenuti in scacco da una pandemia che è riuscita a condizionare, gioco-forza e fortemente, le nostre abitudini di vita orientandole verso comportamenti in qualche modo alienanti, abbiamo avuto modo di comprendere, non senza sentire una profonda amarezza, che le diverse e potentissime case farmaceutiche hanno continuato, e continuano tutt’oggi, imperterrite e indisturbate, ad insistere nel favorire un orientamento programmatico che oserei definire “irresponsabile”, finalizzato unicamente a massimizzare il loro profitto. In questo specifico contesto, tuttavia, l’esigenza di tutela della proprietà intellettuale, pienamente legittima e doverosa in periodo di “normalità”, rappresenta uno sbarramento inaccettabile per chiunque sia umanamente propenso a ricondurre ogni “intervento” medico e/o diagnostico, e di conseguenza a sussumerlo, nell’alveo del perimetro tracciato dalla nostra Carta Costituzionale ma anche dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali. Non posso fare a meno di domandarmi come mai i vari Governi omettano di reagire con forza a questa “condizione imposta” e non collaborino tra di loro per garantire la prevalenza dell’interesse comune. A chi giova? Perché ci viene raccontato che il successo della campagna vaccinale è garanzia di salute e di progressiva crescita economica e poi chi di dovere non agisce in senso conforme e conseguente? Perché si annidano tanti malumori e tanti tentennamenti dietro la richiesta - forse ingenua, chi lo sa – di temporanea sospensione dei diritti di proprietà intellettuale? È possibile, e moralmente accettabile, che il conflitto tra il fondamento del rendimento, nei termini stretti di profitto fine a se stesso, e le ragioni di tutela della salute pubblica debba risolversi acriticamente a favore del primo? Ovviamente no, e lo dico con fermezza e con convinzione.

Intanto, perché, laddove non soccorresse il puro e semplice buon senso, il bilanciamento tra i meccanismi di tutela della proprietà intellettuale e la necessità di preservare le condizioni di salute pubblica è comunque pienamente assicurato dallo stesso “Accordo TRIPs”, il quale, in applicazione del combinato disposto dei suoi articoli 27 e 31, prevede espressamente la necessità di proteggere la vita e la salute degli esseri umani tra le ragioni legittime della possibile limitazione dei diritti di brevetto.

Quindi, perché il cosiddetto “diritto dell’emergenza”, pur nella sua incerta definizione perimetrale pratica, ben può conformare i suoi principi ispiratori ai differenti ambiti del diritto necessariamente coinvolti nel contesto emergenziale medesimo attraverso la predisposizione di opportuni contrappesi.

Infine, perché l’ostinata conservazione del “vincolo” sui brevetti avrebbe, come di fatto ha, il solo effetto immediato e diretto di mortificare le popolazioni dei Paesi economicamente più fragili a tutto vantaggio di quelli più ricchi e delle stesse case farmaceutiche, vanificando così la realizzazione pratica di ogni più elementare espressione del principio di umana solidarietà e dimenticando che “nessuno si salva da solo”, siccome il “bene” del nostro prossimo è inevitabilmente anche il nostro. Può anche sembrare una locuzione vuota, di circostanza, ma non è così.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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