Nuova udienza oggi a Brescia per la richiesta di revisione del processo a carico di Olindo Romano e Rosa Bazzi, coniugi condannati all’ergastolo per la strage di Erba dell'11 dicembre 2006.

Dopo le richieste dell’accusa nella passata udienza, oggi è toccato alla difesa presentare "nuove prove” alla corte d'Appello di Brescia per convincere i giudici a riaprire nuovamente il caso dopo i tre gradi di giudizio.

Olindo Romano e Rosa Bazzi nei giorni successivi all'eccidio in cui furono uccise quattro persone – Raffaella Castagna, suo figlio il piccolo Youssef Marzouk di due anni, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini – confessarono di essere gli autori della strage. Confessioni che, per la difesa, furono però indotte in quanto i due, vicini di casa delle vittime, non erano in condizioni mentali da sostenere un interrogatorio come stabilito da consulenti della difesa negli elaborati allegati all'istanza di revisione.

Secondo  l'avvocato Fabio Schembri, storico difensore dei coniugi condannati all'ergastolo per la strage di Erba, a Olindo Romano e Rosa Bazzi, prima delle confessioni, furono fatte "pressioni e promesse" che, esaminate alla luce dei loro disturbi mentali emersi dalle recenti consulenze, furono tali da "coartare la loro volontà".

A Olindo sarebbe stato prospettato che non avrebbe più visto la moglie. «Olindo non conosce l'ordinamento penitenziario, non sa che un ergastolo non viene inflitto in cinque minuti», ha detto l'avvocato. Nelle loro confessioni ha ricordato «ci sono 243 errori».

«All'epoca - ha detto il legale - non si trasse con certezza quella forzatura psicologica, ma all'epoca nulla sapeva il giudice delle condizioni psiocopatologiche di Olindo e Rosa».

In aula anche Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, uccisi nella strage. L'uomo sostiene che i coniugi Romano siano innocenti e che si debba indagare altrove. «Ho letto le carte, ho visto il percorso di questi anni che confermano che qualcosa non va – ha precisato – sono tantissime le cose che non tornano». Per le modalità con cui furono uccise le vittime, a colpi di spranga e a coltellate, il tunisino aveva già parlato di "killer ", di "gente che sa uccidere ".

In coda per partecipare all’udienza fin dalla prima mattina si è radunata una folla di curiosi, stessa scena registrata all'esterno del Palazzo di Giustizia in occasione della prima udienza, sotto la pioggia, lo scorso 1 marzo.

Per la decisione della Corte d'Appello di Brescia ci sarà un rinvio "non a breve", secondo quanto spiegao dal presidente della Corte, Antonio Minervini. Dopo la conclusione degli interventi dei difensori della coppia sarà dunque comunicato il rinvio.

(Unioneonline/v.l.)

© Riproduzione riservata