Liliana Segre: «Non sparai al mio carceriere, così diventai una donna di pace»
La senatrice a vita al Quirinale: «Per fortuna non raccolsi quella pistola»Liliana Segre (Ansa)
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«Non raccolsi per fortuna quella pistola e diventai una donna di pace, per la vita», così la senatrice a vita Liliana Segre ha ricordato l'attimo della sua scelta di non raccogliere la pistola gettata a terra dal suo carceriere il Primo maggio del 1945, quando si aprirono le porte del lager di Auschwitz, e i kapò del campo si disfecero delle divise, allontanarono i cani e cercarono di mescolarsi ai sopravvissuti.
LIliana Segre ha parlato al Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e delle più alte cariche dello Stato, per le celebrazioni della Giornata della Memoria.
Ricorda anche i momenti dell’arresto, Liliana Segre, all’epoca tredicenne: «Eravamo incerti non sapevamo cosa fare, poi mio papà decise che saremmo scappati in Svizzera, ci preparò, ebbe un permesso dalle autorità di Como. Non immaginavamo che una volta entrati in Svizzera gli svizzeri ci avrebbero respinto, riaccompagnati al confine e lì arrestati».
Ancora: «Avevo 13 anni e mi sembrava impossibile, io italiana, essere arrestata da italiani, così cominciò il giro delle prigioni italiane finché un giorno da San Vittore fummo portati alla Stazione Centrale, nei sotterranei della stazione dove oggi c'è il Memoriale della Shoah».
Da lì, «con grande indifferenza della città di Milano, il 30 gennaio del 1944 siamo stati portati su camion scoperti, tra calci e pugni di tedeschi e fascisti, fummo caricati su vagoni bestiame, con un poco di paglia per terra».
Il viaggio verso Auschwitz «durò una settimana, i più fortunati erano quelli che pregavano, io no, venivo da una famiglia atea». Ricorda anche l’indifferenza di quei tempi Liliana Segre: «Solo tre delle mie compagne di scuola sono rimaste mie amiche e hanno continuato a invitarmi dopo l'approvazione delle leggi razziali. Anche la maestra fu indifferente, come il mondo intorno a me».
(Unioneonline)