«Se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo». L'ex capo della polizia Franco Gabrielli, ora consulente alla Sicurezza del sindaco di Milano, ha parlato della morte di Ramy Elgaml, il 19enne che lo scorso novembre era a bordo di uno scooter guidato da un amico e inseguito dai carabinieri, spiegando che «è ovvio che quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento perché c'è pur sempre una targa, un veicolo».

«Esiste un principio fondamentale - ha spiegato intervistato a 24 Mattino su Radio 24 - ed è quello della proporzionalità delle azioni che devono essere messe in campo per ottenere un determinato risultato: io posso addirittura utilizzare un'arma se è in pericolo una vita, ma se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo. Questo è un elementare principio di civiltà giuridica».

La vicenda, per cui sono indagati Fares Bouzidi, il ragazzo che guidava lo scooter su cui era anche Ramy, e alcuni carabinieri, ha scatenato la polemica politica che Gabrielli, parlando anche di «eccessiva criminalizzazione degli operatori delle forze dell'ordine», vorrebbe frenare. «Non ci dividiamo - ha invitato - sempre da chi fa la difesa a prescindere, che ad esempio dal mio punto di vista è un atteggiamento pericoloso perché la difesa a prescindere introduce un elemento di senso di impunità, e dall'altra l'accusa a prescindere cioè la criminalizzazione a prescindere e il fatto che le forze di polizia siano sempre o debbano essere sempre sul banco degli imputati».

Il caso

Da una prima annotazione di servizio in cui non c'era traccia del contatto tra i mezzi, agli accertamenti successivi, con tracce di vernice trovate, che hanno fatto propendere per un urto accidentale durante l'inseguimento, fino all'ipotesi in valutazione di uno speronamento volontario. È passato un mese e mezzo dalla morte di Ramy Elgaml, e dopo l'acquisizione dei video su quanto accaduto quella notte, in cui si sentono frasi choc, la Procura di Milano potrebbe arrivare a contestare a uno o più militari l'accusa di omicidio volontario con dolo eventuale.

«Quelli che ho visto nel video, uno, due, tre, sono carabinieri sbagliati. Ma ci sono anche i Carabinieri veri. Non sono tutti uguali e ho fiducia in quelli giusti», ha spiegato Yehia Elgaml, padre di Ramy, che con le sue parole, dopo la morte del figlio il 24 novembre, era riuscito a spegnere le rivolte che erano scoppiate nel quartiere Corvetto. «Dopo 45 giorni ho potuto dormire - ha detto la madre -. Perché quel video vuol dire che la verità sta arrivando».

Gli indagati

Al momento, il carabiniere che era alla guida della macchina che tallonava lo scooter nelle fasi finali (8 chilometri di inseguimento in totale) resta indagato per omicidio colposo stradale, così come Fares Bouzidi, l'amico di Ramy. Altri due militari sono indagati per reati che vanno dalla frode processuale e depistaggio al favoreggiamento, ma pure le posizioni degli altri tre carabinieri (tre le pattuglie intervenute) sono al vaglio nell'inchiesta coordinata dal procuratore Marcello Viola, dall'aggiunta Tiziana Siciliano e dai pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini. L'elenco degli indagati potrebbe allungarsi, così come si profila l'ipotesi di falso per l'annotazione nel verbale di arresto a carico di Bouzidi per resistenza aggravata. Le valutazioni principali, però, andranno fatte sulla ricostruzione dello scontro tra auto e moto, tra via Ripamonti e via Quaranta, che ha portato alla morte del giovane. Prende corpo l'ipotesi dell'omicidio volontario con dolo eventuale, ossia con l'accettazione del rischio che l'evento morte si verificasse

Il video choc

Nelle immagini riprese da un'auto dei carabinieri si vede un primo impatto tra gazzella e scooter. Dopo questo speronamento, la moto non cade. E si sentono, in successione, alcune frasi dei militari. La prima («Vaff... non è caduto») pronunciata subito dopo il primo scontro. Una seconda simile nel corso dell'inseguimento: «Chiudilo, chiudilo... no, mer... non è caduto». Infine, la terza, quando sembra esserci l'ulteriore contatto mentre i due mezzi sono praticamente attaccati prima dello schianto, come testimoniato da una telecamera del Comune. I carabinieri avvertono via radio che i due «sono caduti». E un loro collega risponde, sempre via radio, «bene». Dai filmati pare che il 19enne possa essere rimasto schiacciato tra l'auto e il palo di un semaforo, perché la macchina e lo scooter, come si vede, si schiantano quasi nello stesso punto.

«I video non lasciano spazio a dubbi: c'è stato uno speronamento da parte della macchina dei carabinieri sul motorino per provocarne la caduta e di conseguenza la morte del povero Ramy», ha spiegato l'avvocato Marco Romagnoli che, con la collega Debora Piazza, assiste Bouzidi. I due legali, così come l'avvocata della famiglia Elgaml, Barbara Indovina, sono convinti che ci siano «elementi per configurare i fatti come omicidio volontario».

(Unioneonline)

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