I contenuti dell’ultimo Dpcm del Premier Conte in merito alle modalità ed alle condizioni di avvio della fase 2, c.d. di “convivenza col virus”, non hanno mancato di suscitare aspre e colorite polemiche non solo in seno alla classe politica nelle sue diverse componenti, variamente preoccupata per la tenuta dello stato democratico di diritto, ma anche, e di conseguenza, in seno alla popolazione (di fatto disorientata rispetto alla effettiva consistenza ed interpretazione delle striminzite, e per certi versi confuse, “nuove” libertà) che non ha mancato di far sentire il grido disperato degli imprenditori, nonché dei ristoratori, dei pizzaioli, dei gestori di bar, dei parrucchieri e dei gestori di centri estetici, costretti al fermo lavorativo fino al 1 giugno. L’unica cosa certa è che, lungi dal vedere la luce in fondo al tunnel, più passa il tempo, più paiono farsi avanti nuove criticità più o meno apertamente dichiarate specie sul piano economico. Questa emergenza pandemica è riuscita davvero a mettere in difficoltà la tenuta del sistema democratico comunemente inteso quale sistema di governo in cui la sovranità è esercitata, direttamente o indirettamente, dal popolo?

E’ corretto, in un momento così delicato per la salvaguardia della collettività esprimere criticamente, e financo duramente, sia in quanto Politico, sia in quanto Cittadino, un motivato dissenso, e/o malcontento, rispetto a dolorose decisioni mutilanti le nostre libertà fondamentali pretesamente assunte in forza di un superiore interesse comune, oppure sarebbe più opportuno, se non proprio doveroso, conservare un ossequioso atteggiamento di condivisione e di unità nei confronti di chi detiene, e di conseguenza esercita, anche con una certa imponenza, il potere?

Il nuovo e del tutto inedito “liaison” venutosi a creare tra la scienza medica e l’azione politica poteva, e può, giustificare, sia pure solo in un periodo eccezionale di crisi pandemica, la mancata considerazione del Parlamento, quale organo costituzionale titolare del potere legislativo e del rapporto di fiducia con il Governo, favorendo, per converso, l’accentramento decisionale in capo ad un solo soggetto ed al suo comitato di esperti? Dal 4 maggio in poi, cosa ci sarà davvero consentito fare e cosa no? Le nuove “concessioni” sono davvero così confuse, inopportune, e di non chiara interpretazione, oppure il giudizio comune appare falsato dalle più rosee aspettative collettive già fiduciosamente proiettate verso la piena ripresa produttiva ed il ritorno alla normalità?

Ebbene: fermo restando che la sopraggiunta esigenza di puntuale gestione del contenimento del contagio da Covid – 19 ha colto tutti alla sprovvista, dovrebbe non potersi revocare in dubbio che, siffatta circostanza, in linea di principio, e sulla scorta della morale comunemente intesa, non dovrebbe esimerci dall’adottare, sia a livello strettamente politico, sia a livello squisitamente civico, modelli comportamentali consoni e tendenzialmente rispettosi della nostra Carta Costituzionale, soprattutto allorquando “il sacrificio dei diritti”, per usare le parole di Marta Cartabia, sia sempre e comunque “proporzionato e temporaneo”. Resta, tuttavia, altrettanto indubbio che non sempre vi è stretta coincidenza tra morale comune ed etica politica. Intanto, perché, laddove l’azione politica non riesca a farsi interprete puntuale delle istanze accorate del popolo che rappresenta, all’evidenza oramai, in buona parte ridotto alla fame, e delle pressanti sollecitazioni provenienti dalle forze politiche di opposizione, la manifestazione coraggiosa di un dissenso aspro e deciso, e senza esclusione di colpi, rappresenta l’unica modalità di partecipazione, sia pure esterna, al processo decisionale, tanto più quando, per ricordare le parole attribuite a Cosimo de’ Medici, si tenga ben presente che “gli Stati non si reggono con i paternostri”.

Quindi, perché, il sia pur imprescindibile parere dei maggiori rappresentanti della scienza medica non può e non deve, in alcun momento, tradursi “sic et simpliciter” in provvedimenti stringenti sulle modalità di svolgimento della nostra prossima “quotidianità”, sovrapponendosi così totalmente all’azione politica addirittura dettandone i percorsi, ma dovrebbe, piuttosto, e più correttamente, accompagnare quelle decisioni, comunque previamente reinterpretate sul piano politico in ragione delle molteplici esigenze della popolazione, la quale, all’evidenza, non può certo patire la fame attendendo i responsi della ricerca scientifica, soprattutto allorquando, come nel caso di specie, appaia gravemente illogico declinare in termini di contrapposizione prevalente, invece che di armonizzazione, il rapporto tra principi parimenti costituzionalmente garantiti quali quelli alla vita, alla libertà di movimento ed al lavoro. Infine, perché, sebbene personalmente non riesca ad esprimere un giudizio negativo sul Premier, tuttavia, come più volte sottolineato, non riesco a condividerne il metodo allorquando “dimentichi” il Parlamento, come costantemente avvenuto prima del DL n. 19/2020, impedendo il confronto diretto tra le forze politiche in campo e, quindi, di conseguenza, anche la condivisione della responsabilità delle decisioni di volta in volta assunte. Inutile negare che la cruda realtà ha deluso l’attesa sebbene qualcuno non manchi di considerare che, in fondo, “chi si accontenta gode”.

Sta di fatto, che, a partire dal 4 maggio, col solo limite di circoscrivere gli spostamenti nel perimetro regionale e di evitare gli assembramenti, salvo ulteriori necessarie specificazioni, ci sarà “consentito”, autocertificazione alla mano, sempre attraverso l’impiego di mascherine e nel rispetto delle distanze, fare visita domiciliare ai nostri “congiunti”, ossia genitori, figli, fratelli e/o sorelle, nonni, zii, cugini, nipoti, coniuge, convivente, fidanzati, parte di una unione civile tra persone dello stesso sesso, ed “affetti stabili” come ad es. i nostri amici. Ci sarà “consentito”, inoltre, praticare liberamente sport all’aperto in compagnia (a distanza di almeno 2 mt. gli uni dagli altri) e passeggiare. Non è tanto, lo so, ma è un piccolo passo in avanti. Da parte del Governo quasi un invito a godere del presente in un momento in cui il futuro rappresenta né più né meno che un’autentica ed incerta scommessa.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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