Liberate la mente dal pregiudizio. Non pensate alla filmografia hollywoodiana catastrofista né alla documentaristica americana che ci racconta gruppi di survivalisti arroccati in fitti boschi e armati di tutto punto in attesa di un'apocalisse zombie o di un attacco coreano.

Fatto ciò, con lo spirito di chi vuole capire e conoscere, insieme mettiamoci alla scoperta della "Galassia prepper". Ovvero, coloro, come recita Wikipedia, "che si preparano attivamente per le emergenze, future o eventuali, comprese possibili interruzioni o profondi mutamenti dell'ordine sociale o politico, su scale che vanno dal locale all'internazionale". Covid-19 incluso e quarantena connessa, che non ha colto impreparati molti di loro, a differenza nostra.

Un approfondimento in cui la nostra guida italiana è Vincenzo Tarallo, 45 anni, barese, sposato, papà di una bambina e un bambino. Di professione è amministratore di condomini. Ma, anche se lui si schernisce e gioca in sottrazione per modestia, è una voce autorevole dell'ambiente e da tanti è seguito nella sua pagina Urban Prepper su Facebook.

Iniziamo dai fondamentali.

Tarallo, ci spiega chi è un prepper?

"I prepper sono quelle persone che, come i soldati e Dio, quando va tutto bene e la vita scorre normalmente, vengono ignorate (nel migliore dei casi) se non addirittura bistrattate dalla popolazione "normale". Sono quelle persone che definiremmo "previdenti", quelli che si preparano".

Chi, invece, non lo è? Ovvero, c'è chi esagera? e chi non ha compreso a pieno la filosofia di vita Prepper?

"Prepper è chi pone come prioritario il benessere proprio e della propria famiglia da qualsivoglia evento nefasto. Ciò non vuol dire essere un paramilitare pronto a lanciarsi coltello fra i denti contro la folla: il prepper non è il fanatico che troppo spesso la filmografia vuole descrivere".

Lei è un punto di riferimento della comunità italiana. Vuole stimarci la diffusione della vostra realtà nel nostro Paese? "L'argomento "preparazione" è maggiormente sentito in quelle regioni soggette spesso a disagi naturali, come terremoti, inondazioni, frane, eccessi nevosi. Lì sono da sempre abituati all'idea di poter rimanere isolati per giorni o, in casi estremi, dover abbandonare casa per muoversi verso posti più sicuri. Quindi, stimerei in circa un 5% della popolazione vicina a questa filosofia di vita, ma con un buon 80% di diffusione nel nord Italia".

Ci può dare una stima della comunità sarda, a cui dedicheremo un approfondimento a parte?

"Conosco persone della Sardegna, sui canali social. Mi permetto, però, di far notare che in molte regioni italiane a vocazione agricola - come anche Puglia, Basilicata, Molise - la gente degli agri ha la propria filosofia prepper, ma magari è ignara di questa definizione. Parlare di comunità è comunque un azzardo: non esiste un albo, associazioni o altre forme di aggregazione".

Veniamo al tema del momento, eravate pronti a questa emergenza? O anche voi "preparati" siete stati colti di sorpresa?

"Un prepper è pronto a qualsiasi evento, piccolo o grande, che possa modificare in un tempo breve o lungo l'ordinario scorrere della vita. Che sia la foratura di una gomma o un disastro inatteso come può essere una pandemia, il prepper è colui che ha già un piano (e spesso più di uno) per mantenere inalterato il proprio stile di vita e difendere sé stesso e i propri cari dallo stravolgimento delle consuete abitudini. Devo dire che io ero preparato, che mi aspettavo una pandemia? No, di certo. Ma posso dire che non ho acquistato mascherine, guanti, amuchina e non sono uscito per 20 giorni a fare spese, era già tutto in casa".

In questi giorni la stampa americana pone l'accento su diverse aziende che offrono l'acquisto di bunker in villaggi o residenze di sopravvivenza. E subito il nostro immaginario si sposta a certa filmografia. È una realtà che condivide ed è esistente anche in Italia?

"I bunker sono un retaggio della Guerra Fredda, e la filmografia hollywoodiana ha contribuito al diffondersi di questo "american dream" anche da noi. In realtà il prepper italiano tende più ad una forma di autoisolamento autarchico nelle campagne, sui monti, nelle baite o nelle masserie fortificate".

Non le chiediamo la lista della spesa. Ma può dare un consiglio utile ad affrontare questa quarantena?

"Continuare a fare la spesa nei termini soliti ma aumentando le quantità, regolandosi sulle scadenze e prediligendo la lunga conservazione. Il lockdown totale non è un pericolo scongiurato. Evitate tecnicismi tipo cibi liofilizzati e "razioni K" militari, ma non fatevi mai mancare quello che qualunque nonna terrebbe in dispensa: solo in quantità maggiori. Serve ad uscire meno spesso di casa e ridurre quindi il rischio di contrarre il virus".

Le è piaciuto il modello italiano nella gestione di questa crisi?

"No. Il modello israeliano avrebbe ottenuto più risultati. Siamo un popolo che va preso per mano e accompagnato: sfruttiamo troppo il libero arbitrio".

Come vede, quindi, l'imminente possibilità di essere tracciati attraverso una app?

"Inutile. Siamo già tracciati. Chiunque abbia un telefonino può essere tracciato, se mi dà il suo le mostro come Google traccia ogni movimento quotidiano. E del resto, a quel punto, basterebbe lasciare il telefono a casa per non essere soggetti a controllo, non trova?"
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