Mentre in tutta la Sardegna si celebra “Sa Die de sa Sardigna”, la giornata simbolo dell’identità e della libertà del popolo sardo, davanti alla sede dell’Ufficio Scolastico Regionale a Cagliari va in scena un’altra storia. Quella di chi è ancora prigioniero della precarietà.

Sono i docenti dei “Precari Sardi in Cattedra” che, assieme al Movimento ESP e ai Cobas Scuola Cagliari, hanno deciso di trasformare la festa in protesta: dalle 9 del mattino presidiano via Giudice Chiano, con striscioni e voci che chiedono rispetto, diritti e stabilità.

Niente celebrazioni per loro. Dopo anni trascorsi tra supplenze e promesse mancate, oggi reclamano un futuro che non arrivi più a singhiozzo.

In Sardegna, denunciano, migliaia di insegnanti vivono sospesi nell’incertezza, schiacciati da nuove abilitazioni costosissime, da graduatorie poco trasparenti, algoritmi che li penalizzano e norme che mettono persino la loro permanenza in mano alle famiglie degli alunni. Un paradosso, dicono, che svilisce la professionalità e mina la scuola pubblica stessa.

Una delegazione dei manifestanti sarà ricevuta dal Direttore dell’USR Sardegna, Francesco Feliziani. Sarà l’occasione per portare sul tavolo tutte le ferite aperte: dal caos delle graduatorie al destino degli abilitandi dei corsi 30 CFU, dalla trasparenza nei concorsi alla difesa dei diritti degli insegnanti di sostegno: “Basta rattoppi, serve una scuola che non lasci più nessuno ai margini”.

“Sa Die” per loro non ha dunque il sapore della libertà per chi da anni combatte nell’ombra delle aule scolastiche.

Ha il sapore amaro di chi, pur lavorando ogni giorno per la formazione delle nuove generazioni, deve ancora lottare per vedersi riconosciuto un diritto basilare: quello a un lavoro stabile, dignitoso, rispettato.

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