Imputazione coatta entro dieci giorni per cinque ex capi di Stato maggiore per i quali viene ipotizzato il disastro ambientale, ma anche proseguire le indagini per altri cinque mesi per accertare se le esercitazioni nel poligono di Capo Teulada possano aver causato malattie fatali a militari e persone che vivono attorno alla base.

E' quanto deciso dalla giudice per le indagini preliminari Maria Alessandra Tedde che ha rigettato la richiesta di archiviazione dell'indagine sugli effetti delle esercitazioni nel poligono interforze a Sud-Est della Sardegna.

Entro dieci giorni il pm Emanuele Secci dovrà dunque formulare l'imputazione per disastro ambientale nei confronti di Giuseppe Valotto, Claudio Graziano, Danilo Errico, Domenico Rossi e Sandro Santroni, negli anni capi militari e ritenuti responsabili di quanto avveniva a Teulada. Sul fronte dell'ipotesi di omicidio colposo plurimo, invece, la giudice ha ordinato un'estensione di indagine di altri cinque mesi, ma ha anche archiviato l'accusa nei confronti di Graziano per non aver commesso il fatto.

Nella cosiddetta Penisola Delta (2,78 metri quadrati), il cuore del poligono, tra il 2008 e il 2016 sono stati sparati 860 mila colpi (11.875 missili, pari a 556 tonnellate di materiale speciale). Un'attività bellica che avrebbe determinato il disastro ambientale.

Per la Procura, però, quel disastro non sarebbe stato imputabile ai vertici militari, mentre la giudice l'ha vista diversamente accogliendo le istanze degli avvocati Giacomo Doglio, Roberto Peara, Gianfranco Sollai e Caterina Usala che avevano raccolto le denunce di militari e familiari di persone decedute per gravi patologile che vivevano o lavorano nell'area attorno al poligono. A difendere i capi di stato maggiore c'è l'avvocato Guido Manca Bitti.

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