Mauro Pili

La storia è surreale. Tutta giocata sul vento e il mare di Sardegna. Da una parte la costa più rinomata dell’Isola, dall’altra due nazioni, lontane e contrapposte, la Svezia e la Danimarca. La trama non ammette sovranismi di sorta. Qui, in questa contesa in mare aperto, ci sono due società estere che si contendono, con il silenzio di tutti, un tratto di mare gigantesco a ridosso di Terranova, l’antica Olbia, e la Costa Smeralda, quella inventata 60 anni fa dal principe ismaelita Aga Khan Karim. Botte da orbi, da una capitaneria all’altra, da quella gallurese a quella laziale di Civitavecchia. Se non ci fossero i documenti, le carte, le mappe, le azioni legali già avviate saremmo dinanzi ad una farsa. Invece, tutto vero.

Faida internazionale

Nella rotta più importante di collegamento marittimo tra la Sardegna e il Continente, quella tirrenica, con la latitanza dell’Italia, di quella “sovranista” che a chiacchiere vuole difendere i confini del Paese, e il menefreghismo delle istituzioni regionali, si sta consumando una faida internazionale senza precedenti per devastare quel tratto di mare a colpi di pale eoliche alte sino a 380 metri d’altezza. Lo sbarco straniero sul mare sardo è risaputo, la nostra inchiesta dei mesi scorsi aveva scoperchiato l’invasione marina al largo di Tavolara e Caprera, ma ora il misfatto si sta trasformando in una vera e propria guerra internazionale con i danesi pronti ad opporsi con ogni mezzo alle pretese svedesi di insinuarsi nello stesso tratto di mare.

Pale una sopra l’altra

In pratica le due società hanno finito per posizionare, non solo figuratamente, le pale eoliche una sopra l’altra, come se quel tratto di mare fosse un giacimento d’oro incedibile. La sequenza dei fatti è scandita da date e piani d’invasione, strategie di connessione alle reti elettriche e primati di efficienza tecnologica. La prima a sbarcare nel mare in mezzo alla rotta dei traghetti da Olbia verso Livorno e Civitavecchia è una sconosciuta “srl”, la “Zefiro Vento”, capitale di diecimila euro, venuta dalla Danimarca, costituita da un serbo in trasferta, tale Bejdic Jasmin, braccio operativo della Copenhagen Energy. È lui che per primo, il 10 maggio del 2022, stacca il biglietto della prima fila alla Capitaneria di Porto di Olbia. Il suo piano è scandito da un dato impossibile anche da pronunciare: concessione di un tratto di mare davanti al capoluogo gallurese di un miliardo e 747 milioni di metri quadri. Il progetto non ha precedenti in Sardegna, Italia ed Europa: 210 pale eoliche da 385 metri d’altezza, da far “galleggiare” proprio davanti alla porta d’ingresso della Sardegna, in quell’Isola Bianca da sempre punto d’approdo delle principali rotte d’accesso nell’Isola.

Sicilia e Campania

È generoso il danese di “Zefiro Vento”, il suo progetto prevede l’attracco di quella gigantesca centrale eolica proprio nel porto di Olbia. Peccato, però, che i suoi 3.150 megawatt, tanti prevede di “spazzolarne” nel mare davanti a Porto Cervo, finirebbero tutti in Sicilia e Campania, connessi al continente grazie al nuovo cavo di connessione elettrica, il "Tyrrhenian Link”, quello che Terna sta pianificando con una spesa “folle” di 3 miliardi e 700 milioni. In Sardegna non resterebbe niente, se non la deturpazione perenne del mare davanti all’Isola. Quel tratto di mare, in brevissimo tempo, come abbiamo svelato passo dopo passo, è stato oggetto di altri progetti di invasione eolica a mare. Insieme a quello di Zefiro, ne sono stati presentati altri due: il Nurax Wind Power, 33 pale, e il Tibula Energia, 65. Una produzione elettrica potenziale di oltre 7.000 megawatt, tre volte tanto quella prodotta dalle centrali termoelettriche dell'Isola. Tutti da collegare con il porto gallurese, ma anch’essi da spedire, poi, in continente.

Il trucco di Civitavecchia

Il via vai in quei mesi era stato tutto verso la capitaneria di Porto di Olbia. Nella distrazione ferragostana, però, due società, una già nota alla Sardegna, quella di Nurax Wind, e una società dai connotati svedesi, si affacciavano sul versante sardo attraverso la Capitaneria di Porto di Civitavecchia, sull’altra sponda del Tirreno. L’operazione è sibillina e senza pudore: raccogliere il vento sardo e convogliarlo attraverso un cavo di connessione direttamente nella costa laziale. Gli svedesi, però, non erano totalmente a digiuno dell’Isola. Qualche settimana prima del blitz romano si erano candidati a devastare lo specchio acqueo davanti a Capo Caccia, ad Alghero.

Sardegna Nord Est

L’operazione svedese in terra di Roma del resto, nella sostanza, era confermata dal nome del progetto: «Sardinia North Est». La società in campo è “Avenhexicon”, la prima che in questo assalto all’Isola di Sardegna si è candidata ad “imbrattare” il mare della Costa Smeralda con la tecnologia a bi-pale, ovvero ogni galleggiante sarà dotato di due aerogeneratori, ognuno di 322 metri di altezza, per essere più chiari, ogni pala più alta di 20 metri della Torre Eiffel. L’ardita operazione prevede di aggirare il congestionamento progettuale alla Capitaneria di Olbia e mettere in piedi un aggiramento dell’ostacolo prevedendo di piazzare le pale a ridosso delle acque territoriali sarde, proprio a filo, e di prevederne il collegamento elettrico con la costa laziale.

Scoperto il blitz laziale

Da qui il blitz a Civitavecchia, che doveva restare fuori dai riflettori, nascosto nei meandri di una capitaneria lontana e impensabile. Il progetto, invece, finisce sulle pagine dell’Unione sarda: richiesta di concessione di uno specchio acqueo davanti ad Olbia per piazzare 86 pale, con 25 megawatt di potenza ognuna, ovvero 2.150 megawatt di energia per oltre 2,5 milioni di utenti. È in quel momento che tra i “cercatori” stranieri di vento sardo scoppia la guerra. Bejdic Jasmin, patron della danese “Zeffiro Vento”, quello del ciclopico assalto di 210 pale eoliche davanti a Olbia e Porto Cervo, prende carta e penna e scrive una formale opposizione al progetto svedese presentato a Civitavecchia.

Opposizione di fuoco

Quattro pagine di fuoco per smontare il progetto presentato nella Capitaneria laziale e chiederne il respingimento. Il primo attacco è sintetizzabile: gli svedesi vogliono mettere le pale sopra quelle danesi. Lo scrivono senza mezze misure nell’opposizione depositata nella “contea” di Roma: «L’area richiesta in concessione dalla società Avenhexicon S.r.l. ricade per larga parte all’interno dell’area già richiesta in concessione dalla società scrivente e pertanto l’iniziativa di questa società si configura come concorrente con quella della scrivente».

Danimarca contro Svezia

Pur di scardinare la concorrenza svedese i danesi nella missiva d’opposizione non lesinano autoincensamento gratuito: «La scrivente Zefiro Vento è una società facente parte di Copenhagen Energy A/S, che può vantare una esperienza internazionale di oltre 15 anni nello sviluppo e nella costruzione di impianti eolici offshore, particolarmente attenta alla tutela degli habitat e dei paesaggi naturali, senza sacrificare la producibilità energetica». Le conclusioni sono tutte esplicite: «Ne consegue che l’impianto eolico progettato dalla società scrivente (danese) fornisca maggiori garanzie circa il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa europea e italiana in materia di decarbonizzazione, lotta ai cambiamenti climatici e incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili». Come se il vento raccolto in terra sarda avesse ricadute benefiche solo in funzione dello Stato straniero che lo scippa alla Sardegna.

Il pubblico interesse?

Il dispositivo finale è senza appello: «In ragione di tutto quanto precede, non vi è dubbio che, anche in base ai parametri di cui all’Art. 37 Cod. Nav., la domanda dell’esponente Zefiro Vento Srl debba essere preferita a quella concorrente di Avenhexicon S.r.l., in quanto offre maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione richiesta per un uso di più rilevante interesse pubblico». La guerra straniera nel mare sardo, dunque, è solo agli inizi. In questa storia anche i danesi scambiano il mero interesse privato e straniero, fatto di incentivi e regalie miliardarie, come interesse pubblico. Peccato che in questa ennesima pantomima d’affari eolici sulla testa dell’Isola non solo la Sardegna non guadagnerà niente, ma vedrà il suo mare, le sue rotte, devastate da un’invasione eolica battente bandiera straniera, poco importa se svedese o danese.

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