Gli utili degli aeroporti sardi fanno gola ai fondi d’investimento
E le compagnie lottano per accaparrarsi i cieli dell’Isola: in un anno oltre un miliardo di ricavi dai biglietti aereiPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Al rischio non sono esposti solo i passeggeri: anche per le compagnie l’incertezza è concreta. La corsa ai profitti, che spinge i privati ad accaparrarsi gli aeroporti di mezzo mondo, Sardegna inclusa, non salvaguarda in automatico l’articolo 16 della Costituzione, ovvero il diritto di ogni cittadino alla mobilità. Ma neppure è sotto garanzia l’accesso equo agli slot, senza i quali i vettori non possono volare. È in questo scenario che il sistema infrastrutturale della Sardegna si avvia a cambiare pelle, con lo scalo di Cagliari, floridissimo e in mano pubblica, dirottato verso lo stesso Fondo di investimento che ha in mano il Costa Smeralda di Olbia e il Riviera di Corallo ad Alghero.
Numeri in crescita
Per capire le ragioni della privatizzazione, basta guardare i bilanci, gli ultimi approvati. Sogaer, spa che gestisce l’aeroporto di Cagliari, ha chiuso il 2024 con 76,5 milioni di entrate (71,8 nel 2023) e un utile netto di 10,5 (13,1 l’anno precedente). Alla Geasar, che controlla lo scalo di Olbia privatizzato nel 2020, i ricavi del 2024 hanno raggiunto i 93,9 milioni (82,1 nel 2023), con 24,5 di utili, a fronte dei 22 del precedente esercizio. Non piange nemmeno Alghero: la Sogeaal, che ha smesso di essere pubblica nel 2016, ha contato 22 milioni di euro di entrate, in aumento rispetto ai 20,2 del 2023. Utili a 44.943 euro (139.394 l’anno prima). Insomma, con gli aeroporti si guadagna. E la marcia sembra inarrestabile, considerando l’espansione impetuosa del turismo italiano: 479 milioni di presenze nel 2025, traguardo mai raggiunto prima. Nemmeno qui la nostra Isola si discosta dal trend: a Cagliari, con 5,1 milioni di biglietti staccati nel 2024, è stato +6,3%; a Olbia i 3,8 milioni di passeggeri nel 2024 sono corrisposti a un +18,4%; Alghero ha agganciato il +7,8%, con 1,6 milioni di viaggiatori.
Soci e quote
La gestione unica che si profila in Sardegna ha un nome, F2i Ligantia spa, costituita nel 2012 come F2i aeroporti srl. La società, che sta dentro i 7 miliardi di capitale di F2i Sgr, è partecipata dal Fondo Ania (38,899%) e dal Terzo Fondo (34,177%, di cui il 4,77% in mano alla Cassa depositi e prestiti). Ecco poi gli investitori americani di BlackRock (15,77%) e la Fondazione di Sardegna (11,155%). La F2i Ligantia detiene in Geasar il 79,8%, in Sogeaal il 71,25 e si prepara ad acquisire il 40,5 di Sogaer, prendendolo a costo zero dalla Camera di commercio di Cagliari e Oristano che si vuole accontentare di un’identica quota, rispetto all’attuale azionariato al 94,4%. Il tutto in cambio dell’ingresso nella gestione unica del Fondo. «Alla fine dell’operazione F2i Ligantia dovrebbe arrivare in Sogaer al 95,7%», secondo i numeri dell’Antitrust. Non è finita: quando nel 2016 F2i ha rilevato il 71% e spiccioli di Sogeaal, l’ha pagato 9,4 milioni. Nel 2022, a distanza di sei anni, quella stessa quota societaria ne valeva 16, pari a una progressione del 70%. Ugualmente: nel 2020 la quota di Geasar è stata acquisita dal Fondo per 248 milioni, rivalutati in 362 ventiquattro mesi dopo. Una crescita del 46%.
Lo scenario
Il prossimo 24 febbraio, nel Tribunale a Cagliari, si discuterà il ricorso della Regione (Christian Solinas governatore) contro la fusione di Olbia e Alghero nella Nsa, la Nord Sardegna aeroporti voluta nel 2023 da F2I Ligantia. Al netto del fatto che, a seconda del verdetto, rischia di andare a monte l’impianto societario su cui poggia la privatizzazione aeroportuale dell’Isola, sopra la testa dei sardi stanno passando interessi non controllabili. Cosa che non succederebbe con la gestione pubblica. Non solo: nulla garantisce che F2i, un domani, non venda a qualsiasi altro fondo. Anche internazionale. Questo perché nei cieli della nostra Isola si gioca un’altra grossa partita: nel 2024 i ricavi delle rotte sarde sono valsi un miliardo di euro, per oltre 200 milioni di utili netti. Un immenso business in cui la Regione si starebbe accontentando di una particina azionaria, quantificata nel 5%, secondo indiscrezioni. Al massimo sotto il 10. Ciò che darebbe diritto a convocare l’Assemblea dei soci. Nulla di più.
Alessandra Carta
(1 – continua)
