Storie di donne speciali: Joyce Lussu, la scrittrice partigiana

08 marzo 2024 alle 18:43

Era bella, alta, bionda, con magnetici occhi verdi. Il suo nome era Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, nota Joyce.

Nasce a Firenze l’8 maggio del 1912 in una famiglia di intellettuali. Il padre fervente antimilitarista è docente universitario di filosofia, mentre la madre inglese, Giacinta Galletti, è una giornalista del Manchester Guardian. 

Fin dall’infanzia Joyce vive nelle ristrettezze, ma immersa nella cultura. Attraversa i corridoi degli Uffizi per andare a scuola, legge e partecipa alle manifestazioni di piazza. A causa dell’indigenza lascia la scuola ma non si perde d’animo, legge tantissimo.

Il padre le insegna la storia, il latino e il greco. La madre invece il francese, l’inglese e il tedesco.

 

Dopo che i fascisti piombano in casa portando via il padre e il fratello la famiglia si trasferisce in Svizzera. Riprende gli studi a Ginevra poi si iscrive alla facoltà di filosofia in Germania. Gli anni successivi sono un turbinio di viaggi ed esperienze: Libia, Tanzania, poi il ritorno in Italia. Fu nel 1928 che conobbe il suo compagno di vita. Bastò uno sguardo e fu amore. Emilio Lussu, figlio di pastori, era diventato avvocato e deputato, aveva fondato il Partito Sardo d’Azione, incarcerato ingiustamente poi assolto, fervido antifascista. La storia sembra non andare in porto, Joyce sposa un ricco possidente, ma il matrimonio sarà annullato. Dopo 5 anni rincontra Emilio. Lo aiuta nella sua vita clandestina, lo salva dal carcere. Parigi, Orleans, Marsiglia.  La coppia si sposta a Londra. In questi anni Joyce si scopre falsaria per realizzare passaporti falsi utili alla causa antifascista, si addestra in un campo militare e impara a sparare, a usare l’alfabeto morse, a maneggiare le ricetrasmittenti.

Lussu viaggia tra Stati Uniti e Malta, ma tra i due non è mai vera separazione. Si ritrovano nel 1943 a Roma e da clandestini, un anno dopo si sposano e hanno un bambino. 

 

Ma Joyce, irriverente, non è fatta per una vita convenzionale così parte per la Sardegna e ad Armungia conosce i luoghi dell’uomo che ama. Si lega all’Isola per sempre. Morì a Roma il 4 novembre del 1998 ma il suo spirito indomito ancora oggi anima le giovani donne che da lei prendono ispirazione. 

In un suo scritto si legge: “Domani saremo donne diverse, compagne in una società costruita insieme come conquista e promozione e non più come condanna”.

La sua vita e quella di tante altre in “Storie di donne speciali”.