Kiev. Non è stato un risveglio piacevole per i tanti ucraini che alle prime luci dell’alba hanno cercato notizie positive sull’esito dell'incontro in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin. Certo, non si sono trovati davanti a un’intesa sottoscritta sopra le proprie teste - stando ai resoconti ufficiali del summit - ma neppure a quel cessate il fuoco che per Kiev e i suoi alleati europei era la precondizione messa nero su bianco per avviare il negoziato sulla fine della guerra.
La richiesta
Richiesta tiepidamente ventilata anche da Trump che però l'ha presto accantonata. Tanto che nelle ultime ore le truppe russe sono continuate ad avanzare verso gli obiettivi strategici della campagna militare in corso. Del resto, «l'incontro ha dimostrato che i negoziati sono possibili senza precondizioni e contemporaneamente alla continuazione dell'operazione militare speciale», ha sottolineato malignamente il falco Dmitry Medvedev confermando che Mosca non ha al momento intenzione di abbassare le armi. E così il faccia a faccia tra l'inquilino della Casa Bianca e lo zar del Cremlino è stato liquidato dagli organi di stampa come il Kyv Independent come «ripugnante, vergognoso e, in definitiva, inutile. Queste sono state le parole che ci sono venute in mente mentre guardavamo lo svolgimento del summit dell'Alaska».
Le bordate
Bordate condivise da numerosi esponenti politici ucraini: «Trump ha dimostrato debolezza permettendo ufficialmente al criminale di guerra Putin di sfilare sul tappeto rosso e di viaggiare nell'auto presidenziale. Questi sono simboli importanti per la Russia», dice tra gli altri Yaroslav Yurchyshyn, della lista filoeuropeista Holos.
L’opposizione
C’è poi chi sembra prepararsi ad affilare i coltelli anche contro Zelensky: la cessione di territorio ucraino «non è qualcosa di cui chiunque in Ucraina possa legalmente discutere, la Costituzione proibisce al presidente di prendere decisioni su tali questioni», sottolinea Mykola Kniazhytskyi, esponente del partito di Petro Poroshenko, sconfitto a valanga proprio da Zelensky nelle presidenziali del 2019. «Se ipotizziamo uno scenario incredibile in cui Zelensky firmi qualcosa del genere, ciò comporterebbe accuse penali nei suoi confronti e qualsiasi accordo del genere verrebbe annullato», avverte.
L’avanzata
In un quadro di rabbia e incredulità, i vertici militari di Kiev sono tornati a sorpresa ad ammettere l’avanzata dei russi nei residui settori del Donetsk ancora sotto controllo ucraino e nella regione di Dnipro, che pure non rientra tra quelle rivendicate da Mosca. I russi annunciano poi la conquista di altri due villaggi, nel Donetsk. Violenti combattimenti si segnalano anche nel nord, nella regione di Kharkiv, dove dopo mesi i russi hanno tentato un assalto di fanteria con tank e blindati verso Kupyansk, che però sarebbe stato «completamente respinto» dagli ucraini.
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