Milano. Rischi di recessione o comunque di rallentamento della crescita, di spinta all'inflazione o, al contrario, di depressione dei prezzi. I dazi dell'amministrazione Trump, e ancora più l'incertezza sulla loro versione finale, restano l'elemento di maggiore preoccupazione nella comunità finanziaria ed economica italiana ed europea, preoccupazione alla quale dà voce il presidente dell'Abi Antonio Patuelli e che fa chiudere in calo i mercati azionari.
Misure che agitano anche la politica, con la leader del Pd, Elly Schlein, che accusa: «Più ancora della tariffa il danno lo fa l'incertezza, e questo signore che oggi governa gli Usa via twitter si permette di generare, da quando si è insediato, otto mesi di incertezza». Danni che - prosegue Schlein - il governo Meloni «cerca di coprire» per «imbarazzo».
L’assemblea
Le possibili misure finali che il presidente Usa intende varare contro l'Europa e il resto del mondo hanno tenuto banco all'assemblea dell'Abi a Milano. Il presidente dell'associazione Antonio Patuelli, nella sua relazione, ha chiesto di «disinnescare» i rischi di protezionismo e dei dazi, pena effetti a catena sulle banche e quindi sull'andamento dell'economia. Certo, il ministro dell'economia Giorgetti ha rivendicato i risultati del governo e i segnali «positivi per l'economia italiana», come un Pil acquisito dello 0,5% per il 2025 e l'occupazione ai massimi: ma non ha nascosto anche lui le incertezze per i dazi.
C'è poi il governatore della Banca d'Italia Fabio Panetta. Anche lui parla di mezzo punto di Pil sottratto all'euro zona dai dazi fra il 2025 e il 2027, mentre gli analisti dell'istituto centrale registrano come un'impresa su tre tema gli impatti del protezionismo. A seconda di come verranno disegnate le misure si potranno avere effetti di crescita o di decrescita (nel caso di invasione di merci cinesi) sull'inflazione, rendendo quindi più oscure le stime sull'andamento dei tassi e sulla politica Bce. Panetta, tuttavia, invita a vedere le possibilità che si aprono di fronte a degli Stati Uniti che stanno perdendo l'egemonia mondiale economica e del dollaro. Un vuoto che l'Europa può e deve colmare a patto che sia unita e compia quel balzo in avanti nell'integrazione fra cui l'eurobond, diventando «protagonista».
Alternative al dollaro
Panetta, con l'ausilio di grafici e dati com’è costume in Banca d'Italia, rileva che «gli investitori sono alla ricerca di alternative al dollaro e ai mercati americani, con un parziale riorientamento dei portafogli globali». Si tratta di «opportunità» che potranno essere colte «solo rilanciando il progetto di integrazione, completando il mercato unico e adottando politiche comuni per l'innovazione, la produttività, la crescita».
Per il presidente di Unicredit Pier Carlo Padoan «le banche devono investire di più in nuove tecnologie per migliorare i servizi a cittadini e imprese. Naturalmente l'Europa deve essere anche unita, quindi deve sfruttare il suo più grande vantaggio competitivo, che è avere un grande mercato e una valuta forte». Il quadro non è comunque facile. Il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros Pietro ricorda che «i dazi significano incertezza» e rappresentano «un costo» che «frena gli scambi internazionali».
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