Lo spettacolo.

Da Eleonora a Grazia e Joyce, donne con il sogno di un’Isola felice 

Il racconto delle figure femminili che hanno fatto la storia della Sardegna 

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«Che cosa sarebbe oggi la Sardegna se ci fossimo specchiati in Grazia Deledda». In un tempo in cui noi sardi fummo felici, per parafrasare Sergio Atzeni, le donne hanno fatto la storia, nella politica, nel governo della Sardegna, nella scienza, nell’imprenditoria e anche nella ribellione al padrone di turno, che fosse pisano, spagnolo o piemontese.

La pièce

Donne che hanno ammaliato i circa 200 spettatori che hanno riempito l’Auditorium dell’Istituto superiore regionale etnografico di via Antonio Mereu a Nuoro, in un silenzio surreale, tra tante lucine rosse (tutto lo spettacolo si ascoltava in cuffia) che coloravano la platea mentre le attrici della compagnia Il Crogiuolo raccontavano in sardo campidanese le “Balentes, is femminas chi ant fatu s’istoria nostra”. Un debutto che non a caso si è tenuto a Nuoro, visto che la compagnia ha vinto un bando promosso proprio dall’Isre. Lo spettacolo portato in scena, scritto e diretto da Rita Atzeri, e interpetato da Cristina Maccioni, Daniela Musiu, Isella Orchis, Carla Orrù, Elisa Pistis, Giuliano Pornasio, Antonella Puddu, Gisella Vacca, non è un semplice elenco di quattordici figure femminili. È qualcosa di più: una testimonianza di quanto le donne abbiano inciso sulle vicende umane della nostra Isola, rendendola prospera, come nel caso di Francesca Sanna Sulis, imprenditrice della seta nella Sardegna del Settecento, oppure un esempio di buon governo, con Eleonora d’Arborea, capace di scrivere un codice di leggi che per 400 anni sono state rispettate e seguite nelle terre che vanno dal Logudoro al Campidano.

E poi, per chi assiste allo spettacolo, la possibilità di scegliere l’ordine del racconto e di immergersi nelle voci delle protagoniste, quando in prima persona e quando attraverso le parole di chi ha vissuto con loro. Figure che hanno saputo combattere contro gli stereotipi, come ad esempio Ninetta Bartoli, prima sindaca della Sardegna nel 1946, desiderosa di fare qualcosa per la sua Borutta, oppure Adelasia Cocco, prima donna in Sardegna a laurearsi in Medicina e ad assumere il ruolo di medico di base a Nuoro nel 1914, in Barbagia, e a superare la diffidenza anche delle pazienti. Pure Grazia Deledda ha dovuto lottare contro i pregiudizi e studiare da sola, scrivere e raccontare in maniera sublime il suo mondo, così come Eva Mameli Calvino, la prima a ottenere una docenza universitaria in Italia, oppure Maria Lai ed Edina Altara che con la loro arte hanno operato nel segno della fratellanza e della pace e per un mondo migliore.

E anche le combattive Pasca Selis Zau, che guidò i moti del 1868 di “Su Connottu” contro l’editto delle chiudende, e la nobile banditessa, ribelle anti Savoia nel ’700, Lucia Delitala Tedde, si oppongono alle ingiustizie sociali ed emerge il loro impegno contro lo sfruttamento dei più deboli alla ricerca di pace e prosperità. Violante Carroz, signora dei castelli di San Michele a Cagliari e di Quirra, e Adelasia di Torres, fanno capire come fosse difficile governare, far rispettare il loro potere, che non era quello di un uomo appunto. Dal racconto emergono debolezze che poi diventano punti di forza, fino ai tempi moderni con Joyce Lussu e Marianna Bussalai, figure che, tra sardismo e socialismo, hanno creduto in una Sardegna autonoma, ricca e aperta al mondo.

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