Mosca . Dieci mesi dopo l’uscita di scena della famiglia Assad, che per oltre mezzo secolo aveva garantito saldi legami con Mosca, la Russia prova a rientrare, o a rimanere, nella partita siriana. In un Paese ancora dilaniato dalle violenze etnico-confessionali dove Usa, Turchia e Israele hanno sensibilmente rafforzato le posizioni mantenendo truppe sul territorio nazionale.
Per la prima volta da quando è salito al potere, il nuovo leader Ahmad Sharaa (Jolani) ha varcato la soglia del Cremlino per colloqui con il presidente russo Vladimir Putin durati due ore e mezza. Ma uno scoglio che potrebbe frapporsi alla normalizzazione dei rapporti è la richiesta di Damasco a Mosca per l’estradizione dell’ex presidente Bashar al Assad, che ha trovato rifugio in Russia dopo essere stato rovesciato nel dicembre 2024. Poco prima dell’incontro, un responsabile del governo siriano, che ha voluto mantenere l’anonimato, ha detto all’agenzia Afp che Sharaa avrebbe chiesto a Putin di «consegnare tutti gli individui che hanno commesso crimini di guerra e si trovano in Russia, soprattutto Assad». Al quale Mosca ha concesso asilo «puramente per ragioni umanitarie», ha sottolineato il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov qualche giorno fa.
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