È pronto per la grande fuga, nonostante per adesso se la sia scampata. Ci sta tentando in tutti i modi, forse con un po’ di postuma malizia, oppure con una tardiva presa di coscienza. Di certo quest’anno nell’eremo di Porto Cervo non si farà vedere. Prepara le valigie, anche lui, nonostante la Commissione Europea non abbia ancora ratificato quell’elenco di nuovi oligarchi pronti a finire nel “congelamento” anti Putin. Di lui si dice che sia stato l’uomo più ricco della Russia, più riservato e meno appariscente degli altri yes-man dello Zar, eppure quel carattere mite e schivo non gli ha impedito di assumere un ruolo da protagonista nelle fasi concitate dell’invasione russa dell’Ucraina. Lo ha fatto con mezze frasi, pian piano sempre più esplicite, quasi a contendere il ruolo di bastian contrario al suo più temibile concorrente interno, quel Roman Abramovic, che del proscenio internazionale ha fatto terra promessa. Sino a ieri, quando la sua società, quella che ha fondato e portato a diventare un vero e proprio colosso mondiale dell’alluminino primario, la Rusal, ha rotto gli indugi con un comunicato ufficiale tanto super partes quanto duro. La posizione la prende il presidente della Rusal, ufficialmente un olandese, nel tentativo di mettere al riparo da possibili sanzioni l’impero del metallo.

Il più ricco

Quando Bernard Zonneveld detta il comunicato in pochi, però, ritengono che dietro quel passaggio non ci sia lui in persona: Oleg Vladimirovič Deripaska, classe 1968, ex marito della nipote di Boris Eltsin, considerato da tutti uno degli uomini, sino a ieri, più vicini allo Zar di Russia. Prima del tracollo delle sue attività primarie, nel primo decennio del 2000, secondo la graduatoria di Forbes, era considerato il russo più ricco, il nono al mondo, con un patrimonio stimato di 28 miliardi di dollari. Quando ieri mattina le agenzie mondiali hanno battuto la nota della Rusal il messaggio, corso da un capo all’altro delle intelligence mondiali, è stato solo uno: tra gli oligarchi russi è iniziata la resa dei conti. Quella vita miliardaria, tra ville faraoniche da Porto Cervo a Capaccia, da Romazzino a Liscia di Vacca, dagli aerei suite agli yacht da nababbi, comincia a scricchiolare e l’attaccamento al capo supremo, per opportunismo o razionale calcolo degli interessi, viene meno giorno dopo giorno. Il comunicato della Rusal, la multinazionale russa proprietaria dell’Eurallumina, la fabbrica della materia prima per la produzione di alluminio, ubicata nella zona di industriale di Portovesme, e chiusa dal 2009, è un colpo al sistema degli oligarchi, al loro legame di sangue con Vladimir Putin. Le parole sono incise nel sangue della strage di Bucha, chiunque ne sia stato l’artefice. Scrive la Rusal: «Crediamo che questo crimine debba essere indagato a fondo». Per aggiungere subito dopo un avvertimento: «Sosteniamo un'indagine obiettiva e imparziale su questo crimine e chiediamo una punizione severa per i responsabili». Parole che apparirebbero normali, ma che assumono un peso specifico rilevante proprio perché pronunciate dall’uomo di diretta espressione di quell’oligarca che Putin considerava un suo adepto. Non è certo che questa presa di distanze, tanto clamorosa quanto inattesa, possa fermare le sanzioni europee contro Deripaska, ma è evidente che nell’Isola dei Nuraghi, occupata nel lembo più celebre dai magnati russi, si stia materializzando una crepa profonda tra gli uomini di Putin. E a guidare questa frattura che rischia di diventare insanabile è proprio il magnate dell’alluminio che in terra sarda aveva messo su fabbrica, a Portovesme, e villa stratosferica e celebre, nel cuore, anzi, nella cima di Porto Cervo. Inerpicarsi verso l’eliporto che domina il vecchio yacht club dell’Aga Khan significa raggiungere il fine corsa del paradiso dorato della Costa Smeralda. È lì, in quell’enclave recintato da corbezzoli e cancelli in ferro battuto dalle fogge sarde, che ci si imbatte con una delle ville più prestigiose di questi nababbi nati e cresciuti nelle steppe dell’Unione Sovietica e, sino allo scorso anno, prima della guerra, padroni indiscussi di questo proscenio tanto ricco quanto incantato. Villa Walkirie a Porto Cervo è la villa di Oleg Deripaska, l’uomo dell’Eurallumina, la fabbrica del Sulcis chiusa nel primo decennio del 2000 lasciando per strada centinaia di lavoratori. È la residenza per qualche settimana all’anno del magnate russo che governa il mercato orientale dell’alluminio e non solo, condizionando il sistema dei metalli in tutto il mondo. Entrarci è impossibile, alla pari dei suoi compagni oligarchi, ha investito un patrimonio in telecamere teleguidate dallo sguardo di chi si avvicina. Non è luogo per malintenzionati, tantomeno per curiosi. Qui non si passa. Per scoprirla devi imbatterti in quell’agente immobiliare che sottovoce ti dice che quell’iconica villa la puoi affittare o addirittura comprare. Dal primo aprile, infatti, la magnificenza fatta a muri e comignoli, vetrate e piscine, è in affitto o in vendita, dipende dalle disponibilità di ognuno. Non una residenza a portata di mano per vacanzieri senza aereo e yacht privati. Passarci anche solo una notte, se mai l’affittassero per un’emozione di un tramonto e di un’alba, significherebbe per un comune mortale indebitarsi per una vita. Eppure, l’ultra miliardario ha deciso di disfarsene, prima che sia troppo tardi. Prima che faccia la fine di Usmanov e soci, tutti sfrattati, o meglio congelati, in attesa di capire se lo Stato “congelatore” raderà il prato verde o luciderà i pavimenti di marmo antico. Lui, Deripaska, gioca su più tavoli. Da una parte cerca di ingraziarsi le istituzioni europee, di far capire che lui con la guerra non è d’accordo. Arriva, seppur tardivamente e forse in maniera non del tutto disinteressata, persino a scriverlo con un comunicato ufficiale della sua azienda. Dall’altra, però, teme, di non essere convincente e allora la villa, “in posizione dominante sul villaggio di Porto Cervo e sull’intera baia del principale centro della Costa Smeralda”, è in vendita.

Walkirie vendesi

L’agente immobiliare capisce al volo che non possiamo trattare sul prezzo, anche chiedere uno sconto sarebbe poco credibile e allora ci elargisce solo le pillole di questo immobile che per adesso lo Stato italiano ha fatto salvo. La villa, firmata da uno dei padri dell’architettura smeraldina, il genio Luigi Vietti, è stata appena ristrutturata. Hanno fatto molto prima di quanto ci abbiano messo a rimettere in marcia l’Eurallumina. Qui, con mastri di muro e senza troppa attenzione ai preventivi di spesa, hanno ristrutturato a piene mani, nel Sulcis dopo 13 anni è ancora tutto fermo e chissà se la guerra non renderà tutto ancora più improbabile. Vietti, il maestro, non avrebbe mai immaginato la sua villa “congelata” o in vendita, eppure quel “capolavoro tra tradizione e innovazione, sintesi di bellezza e passione” adesso cede il passo, alla quarta fuga. Prima quella degli inventori della Costa Smeralda, poi quella degli americani, degli arabi e ora dei russi. In realtà l’uomo di Putin non avrebbe mai pensato di abbandonare quei 2.500 metri quadrati di casa. Lo scorso anno aveva messo mano ai “risparmi” per ristrutturarla da cima a fondo. Elimina le statue interne, le rifiniture datate e impone grandi stanze su due livelli per sette camere letto di cui la camera padronale con piscina privata e solarium. Nell’eremo di Porto Cervo l’oligarca di Putin poteva godere di una spa con palestra, un’immensa piscina e gigantesche terrazze coperte sul fronte mare. Gli acquirenti non si preoccupino per il giardino, ne potranno godere di uno esclusivo di 10.000 mq confinante con il mare. L’Eurallumina resta chiusa, la Walkirie messa in vendita, il sistema degli oligarchi russi di Vladimir Punti si prepara alla fuga dall’Isola dei Corbezzoli.

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