È la sera dell'11 luglio 1979 quando quattro colpi di pistola raggiungono Giorgio Ambrosoli sotto casa sua a Milano, mentre parcheggia l'auto.

Morirà in pochi minuti, mentre l'ambulanza sfreccia verso l'ospedale.

Un destino cui l'avvocato Ambrosoli si sentiva condannato dal giorno in cui, cinque anni prima, aveva accettato dal governatore della Banca d'Italia in persona, Guido Carli, l'incarico di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, portata al fallimento dal banchiere siciliano Michele Sindona.

Ambrosoli, in mesi d'indagini, metterà le mani nel fango, tra libri contabili falsati e collusioni con la criminalità organizzata.

E Sindona gliela farà pagare cara, ingaggiando il sicario italoamericano William Aricò.

"Cara Anna - le parole di Ambrosoli in una lettera alla moglie - è indubbio che pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il Paese".

(Unioneonline/D)

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