È un vuoto incolmabile quello lasciato da Dario Fo, morto due anni fa a Milano.

Drammaturgo, attore e regista, Fo non era semplicemente interprete di un arte. Perché lui, la sua arte, l'aveva inventata: un misto di farsa, satira e impegno politico.

Nato pittore, la sua esperienza in tv ha vita breve: lavora alla Rai, come autore di testi satirici, ma la censura gli diventa insopportabile. Finché non abbandonerà il piccolo schermo per dedicarsi al teatro.

Sua compagna nella vita e nel lavoro sarà l'inseparabile Franca Rame: si sposano nel 1954 e da allora ha inizio un sodalizio meraviglioso, sancito con la nascita della compagnia Dario Fo-Franca Rame. Recitano in un qualsiasi posto che possa vagamente sembrare un teatro: piazze, case del popolo, fabbriche.

Indimenticabile la "giullarata" Mistero Buffo, con la rielaborazione di testi antichi in grammelot, a metà tra le improvvisazioni della Commedia dell'Arte e i dialetti della pianura padana.

L'impegno sarà il tratto comune di tutta la produzione artistica, con l'adesione alle organizzazioni parlamentari di estrema sinistra durante gli anni di piombo e la promozione della lotta politica attraverso il "teatro di strada".

Nel 1997 vince il Nobel per la letteratura: è l'ultimo italiano ad aver ottenuto il riconoscimento internazionale: "Seguendo la tradizione dei giullari - la motivazione - dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi".

(Unioneonline/D)

Ottobre 2018

Settembre 2018

Agosto 2018

Luglio 2018

Giugno 2018

Maggio 2018

Aprile 2018

Marzo 2018

Febbraio 2018

Gennaio 2018
© Riproduzione riservata