Sono trascorsi dieci anni dalla morte di Stefano Cucchi.

Il geometra romano di 31 anni viene fermato il 15 ottobre dai carabinieri. I militari lo hanno visto mentre cede delle bustine e ottiene in cambio del denaro.

Lo portano in caserma, addosso a 12 confezioni di hashish - 20 grammi in totale - tre di cocaina e un medicinale per l'epilessia, di cui soffre.

Per lui viene ordinata la custodia cautelare. Il giorno dopo si svolge l'udienza per la conferma del fermo. Stefano ha evidenti ematomi agli occhi e fa fatica a camminare. Parla con suo padre poco prima ma non fa cenno ad alcun pestaggio.

Il giudice decide che il processo si svolga un mese dopo e stabilisce anche che il giovane resti in custodia cautelare al carcere di Regina Coeli. Il peggioramento delle sue condizioni di salute è repentino e viene visitato all'ospedale Fatebenefratelli. Sul referto si parla di lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso, con anche la frattura alla mascella, un'emorragia alla vescica e due fratture alla colonna vertebrale.

Ne viene quindi chiesto il ricovero, ma Stefano non dà il consenso.

Va in carcere e muore infine al Sandro Pertini. In quel momento pesava solo 37 chili.

Da subito i genitori e la sorella - avvisati della morte solo quando un ufficiale giudiziario va a casa loro per notificare l'autorizzazione all'autopsia - chiedono giustizia, che sia fatta luce su quanto accaduto e se davvero Stefano è stato picchiato dalle forze dell'ordine. Ma tutti negano: dagli agenti della penitenziaria ai carabinieri.

Sulla vicenda si sono svolti diversi processi, e un nuovo filone si aprirà il 12 novembre prossimo.

(Unioneonline/s.s.)

Ottobre 2019

Settembre 2019
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