Hanno una fretta smisurata nei Palazzi di Roma. I signori del nucleare non vogliono più aspettare. Le lobby radioattive sono scatenate. Nel dicastero che si occupa di riempire la Sardegna di pale eoliche e specchi fotovoltaici, quello che una volta era il Ministero dell’Ambiente, non si sono posti nemmeno il problema di un’improbabile rivolta parlamentare contro l’ennesimo decreto che “foraggia” le rinnovabili e nel contempo mette in mani militari il deposito unico delle scorie nucleari.

Zero fair play

La regola non è scritta, soprattutto quando l’urgenza non esiste, solitamente, però, la buona grazia istituzionale impone un minimo di fair play: prima di attivare le procedure previste da un decreto si attende la sua conversione in legge. I canoni costituzionali sono chiari: le Camere hanno sessanta giorni per esaminare, correggere, respingere o approvare quel provvedimento sul quale il Governo ha scelto la corsia più rapida e teoricamente più sicura dell’iter parlamentare.

Scatta il countdown

Eppure, i Ministeri non ci hanno pensato un attimo a far scattare il countdown scandito dal “decreto Energia” varato il nove dicembre scorso dal Governo Meloni. Senza perdere un solo attimo, appena quattro giorni dopo la pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale, il 13 dicembre, i Ministri competenti, Pichetto Fratin, Forza Italia, e Adolfo Urso, Sviluppo Economico, Fratelli d’Italia, hanno dato il via libera alla ripubblicazione della mappa con le aree che, secondo Sogin, la società che gestisce l’immondezza nucleare e lo smantellamento delle vecchie centrali, sarebbero idonee ad ospitare il deposito unico di scorie radioattive.

Il doppio blitz

Un atto che ha maldestramente ignorato tutti i rilievi tecnici, scientifici e istituzionali che avrebbero dovuto far sparire la Sardegna da quella mappa nucleare. Quella varata dai Ministeri il 13 dicembre scorso è, infatti, la seconda pubblicazione negli ultimi tre anni di quel nefasto e già abbondantemente bocciato scacchiere radioattivo. Il primo azzardo “atomico”, con tanto di aree e comuni prescelti, lo aveva messo a segno il Governo Conte II, con le firme di due ministri grillini, Sergio Costa all’Ambiente e Stefano Patuanelli allo Sviluppo Economico. In quel primo elenco la Sardegna, nonostante le preliminari e reiterate opposizioni dell’Isola, era stata inserita con ben 14 comuni, dalla Marmilla all’Oristanese. Una vera e propria aggressione “nucleare” nel cuore dell’entroterra sardo. Ora, però, ai Comuni di Albagiara, Usellus, Assolo, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus e Guasila, già indicati dal Governo Conte II, e confermati da quello Meloni, si devono aggiungere anche altre cinque aree, questa volta militari, sulle quali punta il decreto legge all’esame del parlamento. Nel provvedimento del Governo, infatti, è stato previsto un supplemento di procedura per consentire di “reclutare” Comuni o Regioni che ambiscano, «volontariamente», ad “ospitare” quella montagna di scorie radioattive destinate al deposito unico nazionale. Nel decreto, però, con una forzatura senza precedenti, sia sul piano costituzionale che sostanziale, venendo meno alla più elementare “grazia” istituzionale, si è previsto che il Ministero della Difesa, in totale autonomia, come se ci fosse un “golpe” militare in atto sulla partita nucleare, possa “candidare” i poligoni di guerra ad ospitare il deposito radioattivo. Un atto “premeditato” visto che all’orizzonte non si intravvede un solo “volontario” che possa invocare l’invio nella propria terra di un deposito di scorie. È per questa ragione che la subdola decisione del Governo di affidare, di fatto, ai carri armati e al filo spinato l’imposizione di una scelta così delicata e invasiva appare, a prescindere da quale sito verrà indicato, un vero e proprio vulnus democratico, azzerando di colpo i poteri, le prerogative e le funzioni degli enti di governo territoriale. Quel che emerge in queste ore, però, è ancora più grave. La tempistica scandita dallo starter ministeriale è una corsa contro il tempo, fregandosene della stessa approvazione del provvedimento da parte del parlamento. Se valgono i termini indicati nel sito del Ministero dell’Ambiente significa, infatti, che il 13 gennaio scorso sono scaduti i termini sia per i Comuni “volontari” ma anche per il Ministero della Difesa che avrebbe dovuto rispettare, come indicato dal decreto, i trenta giorni dalla seconda pubblicazione dei siti ritenuti idonei per “candidare” «le strutture militari interessate».

Candidatura militare

Se il parlamento non amplierà quei tempi, (c’è un emendamento dell’opposizione che prevede di passare da 30 a 60 giorni), sarebbe molto più che un dovere far conoscere immediatamente quali Comuni si sono candidati e soprattutto se il Ministero delle “guerre simulate” ha avanzato una propria candidatura. Del resto sarebbe impensabile l’ipotesi di un disinteresse da parte dei Generali e del Ministro su questa ipotesi. Ci sarebbe, in quel caso, da domandarsi per quale motivo il Governo ha previsto la “candidatura militare” per il deposito unico da realizzare nei poligoni, per poi ignorarla. La realtà è che questa variabile militare introdotta dal Governo, lasciando al Ministero della Difesa la facoltà di indicare proprie strutture per accogliere le scorie radioattive, mette in allarme, e non poco, l’intera Sardegna.

Agguato alla Sardegna

Molto più di un vero e proprio agguato. La dislocazione di basi e poligoni militari da nord a sud dell’Isola, da La Maddalena, con l’isola di Santo Stefano e l’arsenale di Guardia del Moro, sino ai 7.200 ettari di Teulada, i dodicimila del salto di Quirra, passando per Capo Frasca e la stessa Poglina base operativa della missione segreta di Stay Behind, mette il territorio sardo davanti ad un orizzonte inquietante. Con un ulteriore capitolo: diversi esponenti della maggioranza hanno presentato un emendamento che prevede la realizzazione del deposito anche «in profondità». Come se ci fosse scritto: tunnel sotterranei dell’arsenale di La Maddalena. Da domani si riprende a votare in Commissione referente alla Camera, ma i giochi potrebbero essere già fatti. Si tratta di capire se il Governo, essendo trascorsi i trenta giorni per le candidature, previsti nel decreto, comunicherà gli eventuali siti “militari” volontari. Con le elezioni regionali alle porte è possibile, però, che il “golpe in stellette” resti segreto. La Sardegna, però, ha il sacrosanto diritto, ora e non dopo, di sapere se il Ministero della Difesa vuole devastare ulteriormente le aree militari dell’Isola, questa volta realizzando al loro interno, per conto dello Stato, una discarica di scorie nucleari.

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