I l bonus di 600 euro arraffato da politici arruffoni e strapagati è l'ultima sciroccata, la macaia “scimmia di luce e di follia, sonno, nausea” (Paolo Conte), che ossida la politica a tal punto da scollegarla dal Paese. Per ripulirla forse non basterà neppure ridurre il numero dei parlamentari da 945 a 600 come ci viene chiesto col referendum di settembre. I pareri sono diversi, meno che sul risparmio: 60 milioni non è poi questa grossa cifra ma è pur sempre meglio di un pugno in un occhio. Se la stretta finanziaria è dunque la forza che muove il cielo costituzionale e le stelle politiche (Dante indebitamente (s)corretto) tanto valeva tagliare, per sempre, le indennità dei parlamentari senza imbarcarsi in un referendum che oltre a costarci non meno di 300 milioni di euro porta pure male sia a chi vince (D'Alema col titolo V del 2001) che a chi perde (Renzi 2016). Alla mano un parlamentare tra indennità e rimborsi incassa non meno di 14-15 mila euro al mese. Esattamente il doppio dei colleghi inglesi, molto più dei tedeschi e sei volte tanto gli spagnoli che non risulta siano clienti Caritas. Con 6/7 mila al mese i nostri rientrerebbero nella media europea e in quell'1 per cento di italiani da 100/ 120 mila euro all'anno. Così i 945 o 600 potrebbero capire “come sa di sale lo pane altrui”: il nostro.

ANTONIO MASALA
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