C i sono pochi momenti in cui si realizza l'unità nazionale: la partita degli azzurri e il Festival di Sanremo per passione e adesso il coronavirus per paura. Tricolore e karaoke alle finestre, striscioni “andrà tutto bene, torneremo ad abbracciarci”, copyright Conte sognando Salvini. L'italiano non è “pronto alla morte” ma si stringe (a rispettosa distanza) a coorte, salvo eccezione; popolo di poeti, santi, inventori, navigatori e, tra gli eccetera, di polemici con retromarcia: chiedo scusa, ma se a volte scappa, per fortuna solo dalla bocca. Ha fatto rumore lo scontro in tivù tra Raffaele Bruno, primario di Malattie infettive al Policlinico di Pavia, e Luigi Marattin, deputato di Italia Viva. Marattin ricorda che in vent'anni i soldi per la sanità sono stati raddoppiati ma se qualche assessore o direttore di ospedale non usa bene quei soldi, parliamone. Il primario si toglie la mascherina: «I politici dovrebbero stare zitti». Ma professore, se li chiamano qualcosa dovranno pur dire, il disturbo si paga. «Qui la gente muore e questi parlano di riunioni, roba da pazzi. Venga in reparto e dia una mano». Esagerato, qui non ci siamo. Marattin in ospedale a fare cosa? Dai, sarebbe solo d'impiccio e tutto può essere in questo momento meno che trovarselo tra i piedi. Lasciamolo dov'è, parla ma almeno non fa danni. O sì?

ANTONIO MASALA
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