S olo chi lavora sbaglia, solita frase fatta. Infatti sballa anche chi non ha sgobbato neppure un giorno in tutta la sua vita. Matteo Salvini che più che in Parlamento ha sudato tra le balere, illuminato alla teca di San Gennaro e purificato tra un Pater e un giro di rosario, dalla verde tenuta toscana del suocero Verdini lancia un segnale di umiltà: «È vero, ho fatto tanti errori». Ma chi l'avrebbe mai detto! Matteo, il capitan Trinchetto della politica convinto che più le spari grosse più i creduloni si attaccano addosso come mosche, ha capito (forse) che un certo repertorio ha stancato alleati, populisti, sovranisti e opportunisti. Il duro che fino a ieri scartavetrava gli avversari e all'ora delle tagliatelle al ragù poteva anche permettersi il lusso di rompere la goduria altrui chiedendo conto di certe nuvole di fumo e pasticche avvelenate, dopo tante legnate si accuccia all'angolo come un pugile suonato. La batosta elettorale in Emilia, quantunque presa alla leggera, il blocco delle piazze, lo sputacchio dei noccioli delle ciliegie in faccia al mortificato Luca Zaia e le gaffe durante il lockdown, pesano. Per Matteo però sbagliare fa solo rima con mollare: «A destra il leader sono ancora io». Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi un po' lo sopportano e un po' lo sfottono: cala cala Trinchetto.

ANTONIO MASALA
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