I mmaginate un condominio amministrato da due assemblee, in una c'è il marito e nell'altra la moglie: la coppia scoppia. E pensate se le città, le province e le Regioni fossero organizzate allo stesso modo: da uscirne pazzi e a pezzi. Partono per rivoluzionare il sistema ma tra andate e ritorni, buchi e toppe, la chiudono come prima e peggio di prima. Unico al mondo siamo lo Stato che da 72 anni insiste e persiste in quest'allucinante melina: la Camera approva, il Senato modifica e avanti così nel tentativo, sempre a vuoto, di legare la democrazia perfetta con la governabilità imperfetta. Le questioni procedono avantindrè prima di finire nelle grinfie dei burocrati, nati per elaborare trattati che altri dovranno tradurre, altri ancora interpretare e la Corte sentenziare. Un disastro. Emeriti costituzionalisti difendono il bicameralismo perfetto (Camera e Senato fanno le stesse cose), altri vorrebbero passare al sistema “imperfetto” (due Camere con funzioni diverse) e c'è chi si accontenta del taglio dei parlamentari proposto in questo referendum. Dicono sia il primo passo, il secondo è soltanto in mente Dei: aspetta e spera. “Non so se l'erba campa e il cavallo cresce, ma bisogna avere fiducia”, diceva Totò. Oggi non basta, ci vuole un atto di fede.

ANTONIO MASALA
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