L uca Zaia, presidente del Veneto lindo e pinto, sui topi ha toppato anche se scusandosi ci ha messo una toppa, senza però tappare del tutto il buco. Giochi di parole, voce del sen fuggita. Avesse detto che i cinesi mangiano i topi come i comunisti i bambini, tutti, ambasciata compresa, l'avrebbero presa come una battuta rubata alla destra più a destra e la storia sarebbe finita lì, con una bella risata. Invece no, sul topo è andato deciso senza lasciare spazio alla storiella degli anni che furono. Diciamola tutta, l'ha combinata grossa. Anche perché questo è l'anno che i cinesi dedicano proprio al topo che mai e poi mai sacrificherebbero a tavola e poi pure vivo. Comunque sia andata, credo a Luca Zaia quando dice di essere stato frainteso o di essersi espresso male. Magari quando ha tirato in ballo il topo pensava a Mao: “non importa di che colore sia il gatto l'importante è che prenda i topi”, per arrivare a risultati ben diversi da un secondo piatto. In filosofia la conseguenza non intenzionale (far incavolare i cinesi) di un'azione intenzionale (però lo dico), passa per eterogenesi dei fini. Uno pensa di andare a Palermo e invece si ritrova alla fiera dell'est di Varsavia dove Angelo Branduardi racconta di un topolino che il nonno comprò che poi un gatto mangiò. Magari cinese, razza Mao miao.

ANTONIO MASALA
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