G enova per noi: il presidente Giuseppe Conte canta come Paolo, lo chansonnier. E anche per loro che hanno visto il ponte rifatto nel giro di un anno in un Paese dove per tirare su una campata tra progetti, lavori, perizie, varianti, ricorsi al Tar, Corte dei Conti e Cassazione vent'anni non bastano. Da noi le pietre, dalla prima all'ultima, sono cementate non dai contratti ma dalla burocrazia. In attesa del nuovo codice degli appalti, il Governo tasta il sistema Genova su 130 grandi opere. Semplificare non è però regalare, incalzano i dubbiosi. Anche il presidente dell'Autorità anticorruzione Francesco Merloni consiglia prudenza. Ben vengano, dice, le semplificazioni per aiutare amministrazioni e imprese, ma non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio; le deroghe indiscriminate creano confusione, rischiano di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa. Per Merloni i problemi nascono nella progettazione e nell'esecuzione laddove osano gli avventurieri. Storie di tutti i tempi. Si racconta di un furbastro che presentò a Mussolini un'opera destinata a cambiare più che la vita degli italiani, la propria. Il tizio concluse l'esposizione: «Vi prego, o duce, di venire a deporre la prima pietra». E Benito gelido: «L'ultima». Saluti, dietro front, bocciato.

ANTONIO MASALA
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