C i sono luoghi dove la parola andrebbe pesata con la bilancia della misericordia e il pensiero sorretto da fatti provati e comprovati. Il prete di Cesena che l'altro giorno dall'altare ha concionato su povere donne che vendono i feti sui quali altri lavorano per sperimentare i vaccini, ha sballato malamente sia nella sostanza (e ci vuole poco a capirlo) che nella forma. Se anziché nella casa di tutti si fosse esibito nella sua e davanti allo specchio, affari suoi e dello specchio. Con i paramenti sacri addosso non si può; anche il Dio che tutto perdona avrebbe qualche dubbio di fronte al servo che non serve. Restando in tema, un vescovo sostenne la tesi, pure questa incredibile, che il 90 per cento degli handicappati sono figli di genitori arrivati al matrimonio dopo peccaminose esperienze. La medicina ci ha riso su e non risulta che la tesi campata sul nulla (al pari di quella di Cesena), abbia eliminato le pratiche “peccaminose” prima del matrimonio che dopo il sì diventano sante. Si dirà: c'è un equivoco, non avete capito. Marcello Marchesi sosteneva che peggio del peccato è scaricare le colpe «sull'unico italiano vero, Toto Cutugno» che tutte le volte che si dà un colpo di spazzola sui capelli ben laccati, l'Antartide perde un pezzo. A certi per perdere la faccia basta la parola.

ANTONIO MASALA
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