Di gol ne ha fatti tanti. E ancora oggi, a 52 anni, in campo potrebbe fare la differenza: fisico asciutto, Paolo Pasini ha giocato a buoni livelli, tra C1, C2 e Interregionale. Con un po' più di fortuna e, dice lui, con un procuratore forse sarebbe arrivato anche in serie A. "Ma va bene così. Ho fatto quello che più mi piaceva", spiega.

Non tutti effettivamente possono dire di aver giocato con Gianfranco Zola e di aver discusso del proprio futuro calcistico nell'ufficio di Luciano Moggi, a Napoli.

Paolo Pasini in azione (foto L'Unione Sarda - Vercelli)
Paolo Pasini in azione (foto L'Unione Sarda - Vercelli)
Paolo Pasini in azione (foto L'Unione Sarda - Vercelli)

Quando e perché ha iniziato a giocare a calcio?

"Ho iniziato relativamente tardi. Da ragazzino ho fatto atletica leggera: fondo e mezzo fondo. Me la cavavo anche nella corsa campestre. Una passione trasmessa da mio papà Giovanni, campione sardo di lancio del disco. Mi allenavo nel campo del Coni con professor Pala. Ma mi piaceva molto il calcio. Così a tredici anni mi sono diviso tra atletica e pallone, nella Jasnagora. L'anno dopo ho fatto il salto definitivo. Ho disputato il campionato studentesco di calcio con la mia scuola, la Colombo: l'allenatore era Bernardo Mereu che poi mi ha voluto al La Palma. Avevo quattordici anni. A quindici ho esordito in Prima categoria: ho segnato subito un gol contro il Muravera".

Cosa le ha dato il calcio?

"Tantissimo. Giocare è stato il mio sogno fin da bambino. Ho sempre sperato di poter raggiungere buoni livelli. Certo non sono arrivato in serie A, fermandomi alla C1 e C2. Ma mi sono divertito, togliendomi le mie soddisfazioni. Ho conosciuto tante persone e posti nuovi. Ho affrontato avversari che poi sono diventati campioni, come Ravanelli".

Uno dei tanti articoli de L'Unione Sarda su Paolo Pasini
Uno dei tanti articoli de L'Unione Sarda su Paolo Pasini
Uno dei tanti articoli de L'Unione Sarda su Paolo Pasini

Rimpianti?

"Forse di non aver avuto un procuratore. Se lo avessi avuto, chissà. Per esempio, dopo aver disputato un anno con la Torres, allenatore Liguori, ero andato in prestito al La Palma in Interregionale. Alla fine della stagione erano usciti degli articoli sui giornali sportivi: accostavano il mio nome al Palermo, in serie B. La società era interessata a me, tutto vero. La Torres, proprietaria del mio cartellino però ha sparato una cifra enorme per la cessione e non se ne è mai fatto nulla".

Il rapporto con i compagni?

"Sempre ottimo. Mai nessun problema. A livello professionistico tante conoscenze: con alcuni siamo ancora in contatto. Amicizie vere? Certamente quella con Andrea Vergari: abbiamo disputato molti campionati, viaggiato parecchio per raggiungere i campi d'allenamento. Oggi lo considero come un fratello".

E con gli allenatori?

"Sempre buoni. Ho giocato poco con Bebo Leonardi perché non aveva una grande fiducia nei giovani. Non possono non citare Bernardo Mereu: sono cresciuto con lui, per me è come un padre. Mi ha fatto diventare uomo e calciatore. Ho ottimi ricordi anche di Giuseppe Mura, Marco Piras e Gianfranco Pau".

Come conciliava il calcio con il lavoro e la vita privata?

"Ho sempre avuto la fortuna di lavorare nell'azienda di famiglia. Per questo riuscivo a organizzarmi per gli allenamenti e le partite di campionato".

L'Unione Sarda parla di Pasini
L'Unione Sarda parla di Pasini
L'Unione Sarda parla di Pasini

Il ricordo più bello?

"Il primo gol in serie C. Era il primo ottobre del 1989: Ternana-Torres, a Terni. Stadio pieno. Su un cross di Valter Tolu ho colpito di testa e il pallone è finito nell'angolino. È stata la mia prima rete nel professionismo".

Il più brutto?

"Un incidente stradale andando a Sassari alla ripresa degli allenamenti. Sono stato molto fortunato: auto completamente distrutta, io ferito ma miracolosamente niente di gravissimo. Era il 1987. Sono rimasto fermo un mese e mezzo".

Un campionato indimenticabile?

"La stagione 1989-1990 alla Torres con Specchia in serie C1. Ho giocato molte partite e segnato diversi gol. È stato l'anno della consacrazione".

Quello che non rigiocherebbe?

"Forse l'anno dell'Arbus in Eccellenza: la squadra era molto forte ma non siamo andati bene. Una stagione deludente".

Il campo di calcio che ricorda con più nostalgia?

"Certamente lo stadio Amsicora, quello dello Scudetto del Cagliari. In quel campo con il La Palma abbiamo vinto il campionato di Interregionale".

I compagni di squadra ideali?

"Ne ho avuto tanti. Uno dei migliori, che avrebbe meritato la serie A, è certamente Corrado Esposito, difensore. Poi ho giocato con Riccardo Illario, altro grande professionista. E poi, ovviamente, Gianfranco Zola: era mio compagno in foresteria negli anni alla Torres. Mi ricordo un aneddoto. Partita in casa e campo bagnato. Zola, che era già nel mirino del Napoli, è scivolato due volte. L'allenatore Leonardi gli disse: Come puoi valere un miliardo di lire se sei sempre per terra? L'anno dopo Gianfranco è andato al Napoli con Diego Maradona. E sappiamo tutti la carriera che ha fatto".

Ha conosciuto altri personaggi famosi del mondo del calcio?

"Luciano Moggi. Ero alla Torres e si parlava di un mio trasferimento alla San Giuseppese. Io sarei voluto rimanere in Sardegna. L'ho incontrato nella sede del Napoli perché aveva degli agganci con quella società campana: o vieni qui oppure smetti di giocare, mi aveva detto. Diciamo che non ho avuto scelta. Poi mi è andata bene: lì ho disputato sei anni in serie C2 e ho tanti bei ricordi".

Il calcio è cambiato negli ultimi venti-trenta anni?

"Parlo spesso con alcuni miei ex compagni di squadra. Notiamo soprattutto un aspetto: i ragazzi non hanno voglia di sacrificarsi. Vorrebbero avere tutto e subito. Pensano ai soldi e alle scarpette da 200 euro. Prima si giocava praticamente gratis. Lo si faceva per passione. Ora alla prima difficoltà i giovani lasciano il calcio. Anche quando avevo quarant'anni mi allenavo con grande voglia ed ero sempre il primo ad arrivare al campo e l'ultimo ad andare via. I giovani erano sempre dietro. E la puntualità non era il loro punto di forza".

Le manca il mondo del calcio?

"Mi hanno proposto di fare l'allenatore ma avevo deciso di chiudere definitivamente con quel mondo. Forse mi sarebbe piaciuto fare il direttore sportivo o il dirigente per curare rapporti tra giocatori e società. Ora mi diverto a giocare qualche partita con gli amici. E poi gioco a paddle".

LA SCHEDA:

Nome: Paolo

Cognome: Pasini

Età: 52 anni

Nato a Cagliari

Ha vissuto a Cagliari, Sassari, Napoli e Rio de Janeiro. Ora vive tra Cagliari e Rio

Ha giocato nel La Palma, Torres, San Giuseppese Vesuviano, Atletico Cagliari, Arbus, Decimese, Sant'Elena, Muravera, Sarroch, Nuova Monreale, Gemini Pirri

Lavoro: Amministratore nell'azienda di famiglia

Sposato: no

Squadra preferita: Cagliari

Calciatore preferito: Marco Van Basten.
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