Padre napoletano, madre sarda, in arte si fa chiamare Jim De Banlieue. 28 anni, cresciuto tra Campania e Sardegna, Luca è si è avvicinato al rap quando aveva 9 anni ascoltando Eminem ma, nonostante la grande passione, mai avrebbe immaginato un futuro in questo genere di musica.

Le prime rime le scrive quando è adolescente, con risultati che lui stesso definisce "piuttosto scarsi". Ancora non sapeva che, mentre lui era a Secondigliano, a Cagliari stava nascendo una vera e propria scena in ambito hip hop. Quindi decide di raggiungere il capoluogo sardo, lì affronta la prima sfida di freestyle ed è "un'illuminazione".

Noto sulla scena per la sua formazione in duo (i Fratelli Banlieue), insieme a un altro rapper, Elia, questa volta ha deciso di pubblicare un singolo, "Nient 'a vere", tutto in dialetto napoletano. E, come già in passato, canta (ma non solo) di storie di difficoltà: "Nei video e nelle parole ci sono riferimenti anche alla violenza, all'alcol, alla droga. Ma sia chiaro che io non voglio esaltare questi aspetti, semplicemente raccontarli perché esistono, fanno parte di vite, esperienze, storie che tutti più o meno conosciamo", spiega.

Ha vinto molti dei contest di freestyle organizzati nel Cagliaritano ed è arrivato al primo posto al "Mtv Spit Tour", aggiudicandosi anche l'accesso alla super tappa di "Mtv Spit 2014" agli "Mtv Digital Days" di Torino.

Cos'è il rap per Jim De Banlieue?

"Cercare di rappresentare un qualcosa che una persona vive o di cui è circondato, senza nessun filtro, una sorta di questione di riscatto. Non il disagio in sé, ma far capire che da certi contesti si può uscire".

Perché questo nome d'arte?

"Banlieue è appunto la periferia francese, quell'ambiente che anche io conosco bene perché nella periferia - prima a Secondigliano e poi a Sant'Elia, di dove è originaria mia madre - ci sono cresciuto. Ed è questo quello che canto, la realtà dei ragazzi che vivono situazioni non sempre facili da affrontare quotidianamente".

Cosa sono invece le sfide di freestyle?

"Le ho sempre fatte da ragazzino, sono un paio d'anni che a Cagliari non se ne fanno più. Sono rime improvvisate, in locali o nelle piazzette. Un botta e risposta in rap su un argomento vario che decide qualcuno o si prende spunto da una risposta precedente".

Una specie di modernizzazione dei muttettos o dei canti in re del nord Sardegna?

"Sì, esatto. Lo scopo è quello di dimostrare bravura e di stupire chi ascolta, di superare chi ti sfida. Se si è in piazza decide il pubblico, se è un contest possono esserci dei giudici che valutano l'esibizione".

Ha un artista di riferimento?

"In realtà no, cerco di non farmi influenzare. Ascolto tanta musica, ci sono artisti che stimo ma essere come loro sarebbe copiare. Faccio qualcosa che sia mio, insomma".

Di cosa parlano i suoi testi?

"Abbiamo brani su vari argomenti: dalla canzone 'più forte', di strada, a quella estiva. C'è quella più 'radiofonica' che magari parla d'amore a quella che tratta della voglia di riscatto e di argomenti e problemi di tutti i giorni come la disoccupazione".

Scrive anche la musica?

"Noi scriviamo il testo, la musica va creata con un programma. Quindi la compone il produttore. Una volta che c'è la base noi ci occupiamo dei testi. Non devi per forza aver studiato musica per fare rap, per questo ci si affida a professionisti come Evil Room, che è cagliaritano".

Il mondo dei talent o delle trasmissioni tv su nuovi artisti non la attrae?

"Dipende: come duo la priorità siamo noi. Da singolo parteciperei, perché no".

E da singolo ha fatto uscire pochi giorni fa "Nient 'a vere" (niente a che vedere), che è tutto in napoletano, non limita un po' l'ascolto?

"La lingua napoletana si presta benissimo al rap per la sua musicalità e ho voluto fare una prova, per vedere anche come avrebbero reagito a Cagliari. E hanno reagito bene, il pezzo è molto ascoltato e commentato positivamente. In tanti mi hanno espresso complimenti, un ottimo feedback".

Di solito canta in italiano però.

"Sì, e lo facevo per essere capito da tutti, ma adesso, nell'ultimo anno, ho ritenuto questo aspetto meno importante perché la musicalità in certi brani non emerge in italiano. Lo fanno tanti artisti".

Si può vivere di musica oggi?

"Sì se c'è qualcuno che ti dà una mano, magari persone già affermate in questo campo. O se avessi soldi da investire, in fondo la musica è anche business. Io sono un ragazzo come tanti: lavoro, ho uno stipendio normale".

In famiglia cosa dicono di queste canzoni con riferimenti a violenza, alcol?

"Ho perso mio padre un paio di anni fa, mia madre sa che sono un bravissimo ragazzo, racconto la quotidianità nel bene e nel male, eccessi compresi. Bere, fumare: non elogio ma esprimo la realtà. Vorrei spronare i ragazzi a essere migliori".

Jim-Luca è più sardo o più napoletano?

"Impossibile rispondere, sarebbe come rinnegare l'una o l'altra realtà, come chiedere a un figlio 'scegli tuo padre o tua madre?'. Mi sento 50 e 50. Dei sardi ho la testardaggine, il voler arrivare al mio obiettivo a tutti i costi, sono 'barroso', per chiarire il concetto. Dei napoletani ha la 'cazzimma', la furbizia, la capacità di sapermi adattare, e anche la parlantina...".

A Napoli è il sardo e a Cagliari è il napoletano?

"Sempre. A Cagliari giro con la tuta del Napoli e viceversa, per dire. Ma sono un semplice simpatizzante delle squadre delle mie città, non un tifoso sfegatato".

E, restando sul calcio, in caso di scontro Cagliari-Napoli?

"Che devo dire: vinca il migliore!".
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