"Cesare, fermati!".

Quando Cesare Battisti ha sentito queste parole, era tranquillo. Non pensava che di lì a poco la sua foto avrebbe fatto il giro del mondo, e l'Italia intera avrebbe invocato giustizia e chiesto di porre fine alla libertà di un uomo latitante da 37 anni.

Nelle ultime settimane l'ex terrorista dei Pac, sul quale pendono due ergastoli per il coinvolgimento in quattro omicidi negli anni di piombo, non aveva fatto molto per camuffarsi. Consumava tranquillamente birra e pizza ai tavolini dei bar. Non si era neanche preso la briga di procurarsi un documento falso: il suo passaporto recava impresso il suo nome. Cesare Battisti, nato il 18 dicembre 1954.

Anche pochi istanti prima della cattura, lo si vede camminare tranquillo per le strade di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. Addosso un paio di occhiali da sole, barba finta, perfettamente riconoscibile per chi, sulle sue tracce, conosce ogni dettaglio del suo viso.

(Frame)
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La verità è che Cesare Battisti non si nascondeva più. Perché in questi anni aveva intessuto una trama di relazioni e protezioni tali per cui era convinto che ormai l'avrebbe fatta franca per tutta la vita. E sarebbe morto da latitante.

Quel che l'ex attivista di estrema sinistra non sapeva, è che a cercarlo c'era una squadra degna di una puntata di Narcos: tre investigatori italiani dell'Interpol (un finanziere e due poliziotti) e quattro agenti boliviani. Per loro Battisti era diventato un'ossessione, era il loro "Pablo Escobar".

Di lui sapevano solo che, quando il Brasile gli aveva revocato lo status di rifugiato, era scappato in Bolivia. Stop. Un ago in un pagliaio.

Per restringere le ricerche, sono stati mappati i telefoni di narcotrafficanti, la rete che, a quanto pare, lo ha protetto con la complicità di pezzi grossi sufficientemente corrotti. Non è stato facile comunque, perché Battisti ha cambiato domicilio più volte, ma alla fine, ne erano praticamente certi, si era sistemato a Santa Cruz.

Cos'è andato storto? L'ex terrorista si è tradito con sms, mail, collegandosi perfino al wi-fi boliviano, ma forse qualcuno lo ha venduto. Magari perché Battisti, a corto di soldi, aveva smesso di pagare i suoi protettori.

Fatto sta che quel sabato di gennaio, si sentiva ancora protetto quando passeggiava per i negozi di Santa Cruz. Il poliziotto boliviano che lo ha visto per primo stava fumando una sigaretta. Quando lo ha scorto è saltato su, gli ha fatto un breve video e lo ha inviato ai colleghi. Il "match" con il sistema di riconoscimento facile è stato veloce. Era lui. Ce l'avevano fatta.

Questa volta, però, nessuno si è mobilitato per salvarlo dal disastro. E Battisti lo ha capito: "È finita", ha detto singhiozzando.

(Unioneonline/D)

L'ARRESTO:

LA STORIA:

Sulla pista di Ciampino i ministri Salvini e Bonafede
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L'arrivo di Battisti in aeroporto
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L'ex terrorista era scortato ma non ammanettato
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Sul volto l'accenno di un sorriso
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Il dispiegamento delle forze di polizia
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È stato catturato da una squadra dell'Interpol
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Andrà nel carcere di Oristano
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A bordo dell'aereo che lo ha riportato nel nostro Paese
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È stato arrestato in Bolivia
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Da lì è stato estradato, senza passare per il Brasile
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Il passaporto che aveva in tasca
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L'arresto
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(Tutte le foto sono Ansa)
(Tutte le foto sono Ansa)
(Tutte le foto sono Ansa)
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