Per quel che s'avverte nel seguire le cronache politiche regionali, viene l'idea di dover ricordare quel saggio monito di Salvador de Madariaga, dicente che "gubernar no es asfaltar". Con ciò indicando che per ben guidare politicamente un Paese occorra affrontare, con largo respiro ideale, il terreno delle riforme strutturali e di quanto appare necessario per sostenere il progresso della propria gente. Anziché limitarsi a risolvere i piccoli e modesti problemi contingenti, quelli che si è soliti indicare come "interessi di bottega", utili forse a mantenere solo il potere.

Si è inteso citare il monito di quell'intellettuale castigliano, perché, dopo i suoi primi cento giorni - che sono poi quelli che ne certificano gli indirizzi e le volontà - la Giunta Solinas parrebbe interessata più ad asfaltar che a gubernar. Ad occuparsi, cioè, di piccoli aggiustamenti dell'esistente, più che a predisporre e ad indicare un progetto organico per il rilancio dell'economia. Parrebbe anzi che l'interesse prevalente sia stato quello di spartirsi le quasi cento poltrone del potere regionale, rese libere da uno sfrenato ed improvvido spoil system.

Non è che quest'indirizzo rappresenti una novità, giacché anche l'altra parte politica (il centrosinistra intendo) avrebbe privilegiato, nella precedente legislatura, l'identico modus operandi, utilizzando quegli interventi che la fantasia napoletana di Cirino Pomicino battezzerà "del vol-au-vent", cioè di quei contenitori da poter riempire con un po' di tutto.

Contenitori adatti, appunto, per accontentare il disordinato mix di richieste disomogenee provenienti dall'elettorato (la legge Lavoras ne rappresenterà un esempio).

Le ragioni di queste devianze andrebbero ricercate nelle anomalie delle coalizioni andate al governo della Regione, dove sono rintracciabili più le diversità che le similitudini politiche. Infatti viene difficile comprendere cosa abbiano in comune oggi leghisti e riformatori, per rimanere nel campo del centrodestra, non diversamente da quel che s'era verificato, nel centrosinistra di Pigliaru, fra i Dem di Cabras ed i "sardi" di Maninchedda.

Anche lo stesso voto elettorale era stato richiesto dalle due coalizioni in gara da una triade formata da "più lavoro-più occupazione-più welfare", con differenze assai minimali per realizzarla. Senza specificare che per aumentare il prodotto interno, per creare nuova occupazione e per assicurare efficaci assistenze socio-sanitarie si sarebbe dovuto predisporre un piano di riforme strutturali e d'interventi correttivi.

Una politica per il lavoro, per l'occupazione e per il benessere sociale richiederebbe infatti una decisa riforma dell'habitat esistente, rimuovendo, od almeno attenuando, i vincoli e gli ostacoli di diversa natura, specie se subculturali, che condizionano la crescita. Ed a seguire, introducendo delle adeguate misure di sostegno e delle efficaci strumentazioni operative per risvegliare gli investimenti, introdurre dei fattori innovativi e creare nuova occupazione.

Purtroppo, per quel che si può intuire, si è ancora ben distanti da questo. Le cause? Diverse analisi indicano in una caduta verticale della cultura di governo, a seguito del dissolvimento dei partiti storici e dell'improvvida rottamazione di una classe dirigente che non ha lasciato eredi. Ma vi è stato anche l'affermarsi, sempre più invadente, di quella che gli inglesi definiscono una "governance impoliticly", cioè il prevalere di interventi politicamente inefficaci, inopportuni ed anche inutili.

Purtroppo, per quel che s'intuisce, le diverse coalizioni in campo, in indifferenza di schieramento, non sembra abbiano delle idee e dei propositi chiari per un progetto organico che abbia come obiettivo lo sviluppo economico dell'isola. In particolare, di quali rimedi urgenti abbia bisogno la Sardegna per uscir fuori dalle sabbie mobili in cui è precipitata.

Infatti, dai primi atti compiuti dall'attuale Giunta sembrerebbe d'essere davanti ad una governance in perfetto stile naïf, cioè più guidata dall'istinto e dal chiacchiericcio da bottega che dall'analisi ragionata di quel che effettivamente serva per l'inversione di rotta.

Il giudizio potrebbe essere anche affrettato, ma da quel che si è potuto conoscere in tema di politiche agricole ed industriali, si è ricavato solo sconcerto per via della sprovvedutezza, se non proprio dell'insipienza, con cui sono stati proposti degli interventi correttivi, ad esempio, sulle criticità del settore lattiero-caseario o sulle decadenze delle aree industriali.

Paolo Fadda

(Storico e scrittore)
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