Le manifestazioni amorose viste in una dimensione culturale e non pregiudizievole. E con particolare attenzione alle persone con disabilità.

Il tema è stato al centro del seminario "Affettività e Sessualità nella disabilità", organizzato sabato 16 giugno a Cagliari con il supporto della FISPES (Federazione Italiana Sport paralimpici e Sperimentali) e il Comitato Italiano Paralimpico Sardegna.

Protagoniste dei lavori Antonella Palmitesta, psicosessuologa ed esperta in psicodiagnosi e psicologia giuridica, e Rossella Convertino, assistente sociale e mediatrice familiare. Le due studiose hanno affrontato il tema con grande delicatezza, rispondendo alle numerose richieste in merito dal pubblico presente, che ha portato testimonianze e storie di vita vissuta.

Al centro del dibattito anche il film documentario "The special need", opera del regista Carlo Zoratti. Il protagonista, Enea, ha 29 anni, è autistico e aspira ad un rapporto sessuale. Gli amici, in un ammirevole atto d'altruismo, lo portano in Germania, patria dei centri per l'autodeterminazione sessuale, dove ognuno può scoprire qual è l'affettività e la sessualità che più lo aggrada. La pellicola termina con il protagonista che, nonostante mille peripezie, si ritrova al punto di partenza perché una cosa è il sesso nudo e crudo, un'altra è provare dei sentimenti per l'ipotetica ragazza dei sogni.

"Il convegno ha offerto spunti molto positivi – il commento di Sandrino Porru, presidente FISPES - e il merito è soprattutto delle due dottoresse che in modo disinibito hanno analizzato compiutamente qualsiasi sfaccettatura e si sono mostrate aperte ad ogni tipo di confronto. E soprattutto sono partite dal presupposto che tutti siamo uguali e pertanto abbiamo il diritto di vivere affettività e sessualità, e il dovere di beneficiare di spazi per vivere liberamente quella che è la corretta relazione con gli altri".

"Siamo state libere di parlare di affettività e sessualità senza alcun tipo di limitazione – ha spiegato Cristina Sanna, vice presidente Sa. Spo. - Bisognerebbe costituire un gruppo e proseguire una programmazione terapeutica riabilitativa con l'intermediazione di psicologa e sessuologa verso i nostri operatori e soprattutto con i familiari, che ad onor del vero si rifiutano di affrontare il problema. Lo ritengo il metodo migliore per garantire affettività e sessualità, come è giusto che sia per tutti. Mi sono resa conto, purtroppo, che il problema, a volte, non può essere risolto meccanicamente con un mero atto sessuale. Infatti, nel caso dei disabili intellettivi, talvolta sono alla ricerca di un rapporto sentimentale. Con il soddisfacimento fisico si rischia però di destabilizzare il ragazzo che potrebbe rimanere coinvolto emotivamente. Insomma, le particolari situazioni vanno gestite con profonda attenzione. Spero si possa riproporre al più presto un altro seminario che significherebbe migliorare qualitativamente la vita dei nostri atleti".

"L’unica nota dolente – chiude Katia Pilia, organizzatrice dell'evento e allenatrice Sa.Spo. - è che tanti atleti e tanti familiari dei nostri atleti non abbiano accettato questo invito. Questo mi dispiace perché si è persa una grande occasione di confronto".

Un tema, dunque, che ancora necessita il superamento di qualche tabù, ma che senz’altro merita attenzione nell’interesse di chi, ogni giorno, vive il difficile confronto con la propria disabilità, di qualunque tipo sia.

(Unioneonline/v.l.)
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