Riportiamo l'intervento di Mario Sechi che analizza gli avvenimenti - politici ed economici - che in questo momento stanno interessando l'Italia, l'Europa e gli Stati Uniti.

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L'era di Angela Merkel è finita, la produzione italiana è ferma, tra una settimana (6 novembre) ci sono le elezioni di Midterm in America. I tre fatti sembrano scollegati, indipendenti, con esiti separati. Non è così, l'illusione di poter capire - e gestire - la complessità spezzando la catena di eventi svanisce di fronte alla realtà. Vediamo questi tre punti dell'agenda combinati.

Primo punto. La sconfitta in Assia della Grosse Koalition ha prodotto uno shock: la Cancelliera ha rinunciato a guidare la CDU e ha assicurato che alla fine del mandato (2021) chiuderà la carriera politica. Gong. Merkel fuori, dentro chi? Si apre un vuoto, è il disperato tentativo di eliminare un simbolo ieri vincente e oggi negativo per l'elettore tedesco. Stiamo parlando di Angela Merkel, l'unico vero statista in carica in Europa, la sua ritirata strategica è il picco della crisi dell'establishment che dal Crollo del Muro di Berlino aveva pilotato la globalizzazione. Siamo entrati in una fase "post Merkel" (e dunque post-tutto), è la certificazione del tremendo impatto che hanno avuto i partiti populisti, anti-sistema, anche in un modello solido come quello della Germania.

Secondo punto. La produzione italiana è in apnea, lo dice l'Istat, l'ultimo trimestre segna zero. Il governo in casa dovrà mettersi l'elmetto e dare una mano al settore manifatturiero, all'edilizia e ai servizi (i tre pilastri della crescita); in Europa ha davanti una battaglia sul bilancio più difficile perché le stime di crescita del Def ora ballano il fox trot.

E senza contromisure Salvini e Di Maio dovrebbero portare la croce, prendere le frustate e cantare. Troppo.

L'Italia ha bisogno di crescere. Bloomberg e Wall Street Journal hanno pubblicato analisi che consigliano alla Commissione Ue un atteggiamento più costruttivo con l'Italia. Sono voci autorevoli in controcanto, il problema è che a Bruxelles prevale la linea "metallara" e a Roma ci sono leader-influencer prigionieri dei loro follower.

Il "post Merkel" rischia di essere la lenta agonia dell'Unione e per l'Italia è un serio problema. Le ragioni sono visibili:

1) La Cancelliera è un'anatra zoppa. Qualsiasi cosa decida, è un bersaglio oggi facile dell'opposizione e degli stessi alleati in caduta libera, dunque bisognosi di differenziarsi.

2) La Grosse Koalition è già morta, manca solo la data del funerale. La CDU perde voti e cerca un leader, la SPD è ormai il quarto partito del paese, superata dai Verdi e dalla destra di AfD, i bavaresi della CSU sono rintronati dopo il voto in Baviera. Tutti vorrebbero uscire dall'Hotel Merkel, nessuno trova la porta e sa dove andare.

3) La Germania in queste condizioni diventa un partner imprevedibile, con un governo assediato a sinistra (i Verdi) e a destra (AfD) e dunque pronto a alzare il muro a Bruxelles per cercare qualche ricaduta positiva di consenso in patria.

Terzo punto. L'alleato americano, Donald Trump, deve superare il voto di medio-termine del 6 novembre (dovrebbe mantenere il Senato e perdere la Camera, vedremo) e poi lanciarsi nell'anno di governo decisivo, quello che precede le elezioni presidenziali del 2020.

Il Presidente oggi ha annunciato che vuole mettere fine allo "Ius Soli" in America con un ordine esecutivo. Niente più cittadinanza a chiunque nasca sul suolo americano.

Si vota, è sempre Far West e Trump sfodera la Colt e imbraccia il Winchester per respingere l'assalto dei Democratici.

La Casa Bianca ha interesse a vedere un'Europa più debole - dunque una crisi tra Commissione Ue e Italia è funzionale a questo scopo - perché deve regolare la partita dei dazi con la Germania, visto che Berlino realizza 50 miliardi di surplus con gli Stati Uniti.

Gli elementi di questa storia, come vedete, alla fine convergono. Siamo di fronte alla scacchiera ed ecco che improvvisamente i tre pezzi si riuniscono in un unico spazio: la regina (l'America) e l'alfiere (la Germania) difendono i propri spazi vitali (il re).

Quale pezzo si sacrifica in uno scenario estremo? Si butta giù la torre, l'Italia.

Resta una domanda sul taccuino: a Palazzo Chigi sanno giocare a scacchi?

Mario Sechi

(Giornalista, direttore di "List")
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