I l sultano turco ha gettato la maschera, semmai ce ne fosse stato bisogno, per mostrare senza infingimenti il volto del feroce dittatore. Recep Tayyip Erdogan ha trovato a pieno titolo il suo posto nella galleria dei leader “cattivi” che hanno segnato nel sangue il destino dei popoli mediorientali dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi.

Pare naturale affiancare il suo volto luciferino a rais arabi quali l'iracheno Saddam Hussein, il siriano Hafiz al Assad e ora il figlio Bashar, che hanno dominato col terrore e con il sistematico massacro di etnie considerate nemiche, a partire proprio dai curdi. Un popolo di 70 milioni di persone diviso e disseminato nella vasta regione del Kurdistan compresa tra quegli Stati. A questi satrapi si aggiungono i vari presidenti iraniani che, da Khomeini in poi, hanno contribuito al clima di guerra e di terrore nell'area più bollente del pianeta.

Tutti costoro si assomigliano per il modo con cui hanno mantenuto il potere, giocando sul tavolo della politica internazionale con disinvoltura e opportunismo dove le alleanze si fanno e si disfano secondo il momento. E qui i grandi del mondo hanno le loro responsabilità, spinti da interessi strategici ed economici. Dietro le guerre contro il terrorismo, dalla prima in Iraq nel 1991, emerge il business immenso del petrolio, delle armi e della ricostruzione dopo le distruzioni. Ai primi di ottobre Erdogan ha preparato la sua mossa annunciando le intenzioni bellicose. (...)

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