E’ morto nella sua casa romana Renato Scarpa, il Robertino di “Ricomincio da tre”. 

Nato a Milano il 14 settembre 1939, è considerato uno dei migliori caratteristi italiani: perché ha saputo declinare il suo talento e le sue passioni in mille sfaccettature diverse, perché sapeva concentrare l'attenzione dello spettatore su quel suo faccione pieno di umanità e duttile nelle espressioni.

Piccolo e capace come pochi di alternare il registro drammatico e quello comico senza mai perdere una sua immediata riconoscibilità, ha attraversato le stagioni del cinema italiano dalla fine degli anni '60 ad oggi, ottenendo attenzione e fiducia da molti dei nostri migliori registi.

A rivelarne il talento furono in fratelli Taviani in “Sotto il segno dello scorpione” del 1969 e “San Michele aveva un gallo” del 1973.

Dario Argento lo scelse in “A Venezia un dicembre rosso shocking” e in “Suspiria”, mentre Giuliano Montaldo lo vestì da frate in “Giordano Bruno". Ha recitato con Bellocchio, Comencini, Rossellini, Monicelli, Risi. Anche con Nanni Moretti ne “La Stanza del figlio” e in “Habemus Papam”.

Ma per il grande pubblico è diventato popolare grazie soprattutto a tre film: era l’ipocondriaco di “Un sacco bello” con Carlo Verone, l’impacciato Robertino di “Ricomincio da tre” con Massimo Troisi, ha recitato anche in “Così parlò Bellavista” di Luciano De Crescenzo. In questi tre casi uscì tutta la sua verve comica che “bucava” lo schermo.

L’attore ha cavalcato tutti i generi del cinema italiano, dopo aver iniziato da adolescente prima sui palcoscenici teatrali milanesi e poi al Centro Sperimentale di cinematografia di Roma.

Una carriera ricca di soddisfazioni la sua, comprese le candidature ai David di Donatello.

Di recente in "Diaz" (2012) Daniele Vicari gli affida il ruolo dell'umile pensionato coinvolto senza alcuna responsabilità negli scontri con la polizia durante il G8 di Genova. Nel suo sguardo smarrito, nei suoi occhi azzurri che contemplano la brutalità della violenza senza poter opporre ragione alla forza, il regista riassume il senso stesso del film e quel personaggio minore diventa l'autentico protagonista, il testimone silenzioso di una pagina dolorosa della nostra storia.

(Unioneonline/L)

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