La storia è un duro colpo alla coerenza: un decreto ferragostano della Regione Sarda che espropria le terre agricole di Villacidro per consentire ad una privatissima società piemontese di conficcare nuove pale sul proscenio violentato del Medio Campidano. La motivazione dello scippo, giuridicamente un esproprio, è un macigno al buon senso: pubblica utilità, quando, invece, il nuovo affare privato è un coltello conficcato nel cuore della storia del Paese d’ombre.

Recintato il Monte Linas

Lo skyline inconfondibile del Monte Linas, tra Villacidro e Guspini, è recintato, come se avessero imposto persino il filo spinato. Gli aculei d’acciaio e vetroresina che si stagliano sul cielo ruotano al ritmo del vento che spazza le pendici del Medio Campidano. La penombra della notte su quel promontorio è già da tempo interrotta da una cortina di luci rosse intermittenti, quasi a segnare il presidio attivo dei vecchi e nuovi invasori. Dovunque ti giri, in questa terra di ciminiere abbandonate, finisci per sbattere su quelle torri di ferraglia rotante che le leggi della speculazione e della malapolitica hanno imposto ad un territorio violentato da negligenza e connivenze. La nuova frontiera, quella più spregiudicata, si staglia su Villacidro come un caterpillar che devasta, senza ostacoli, l’ultima resistenza all’invasione eolica in terra sarda.

Cacciata pubblico-privata

Manu militari, o vi spostate o vi spostiamo. Tutto a colpi di decreti e usurpazione di terre agricole in nome e per conto di affari privatissimi sulla testa di agricoltori e territorio. Valori costituzionali come paesaggio e ambiente, recentemente rafforzati nella tutela assoluta e preminente, calpestati sull’altare di interessi che niente hanno di pubblico, figuriamoci di pubblica utilità. A prevalere su tutto c’è l’interesse privato, quello impunito, autorizzato a devastare sempre di più un’area carica di rilevanza naturalistica esclusiva e solo teoricamente tutelata, come se i signori del vento avessero trovato complici per dettare legge persino nel Paese d’ombre.

Rivolta & sottomissione

Sarà forse un caso, ma l’esproprio di quelle terre avviene proprio in uno dei paesi sardi che più di altri, nel passato, aveva avversato i profittatori delle terre pubbliche, coloro che volevano trasformare le foreste civiche, quelle di tutti, in affari privatissimi, per pochissimi. Oggi come ieri, dunque, con una differenza, però, non di poco conto. Negli anni della dominazione sabauda erano i proconsoli piemontesi a scippare quelle terre, questa volta a vergare l’usurpazione è, invece, nientemeno che la stessa Regione sarda. Sì, proprio quella che la Carta Costituzionale individua come autonoma e speciale, investita dai padri costituenti dell’onere e del potere di governare il territorio, con rilevanti doveri e poteri per la tutela dell’ambiente e del paesaggio. Come se niente fosse, il guardiano dell’Isola, invece, ha inopinatamente aperto le porte alle società “straniere”, in questo caso, per ironia della malasorte, ai nuovi piemontesi, protagonisti della nuova invasione alle pendici del Monte Linas. La storia è controversa, oscura e persino diabolica. Negli uffici regionali l’ordine è perentorio: dovete rispondere che si tratta di un atto dovuto. E del resto nel provvedimento adottato prima dall’Assessorato dell’Industria e dopo da quello degli Enti Locali e Urbanistica, sono puntuali i richiami alle norme che attribuiscono alla Regione il potere di emettere «provvedimenti di occupazione d’urgenza, preordinato all’asservimento, all’espropriazione e all’occupazione temporanea».

Caso Villacidro

Il caso Villacidro, però, è emblematico, sia nella sostanza che nella procedura adottata. Un precedente che rischia di trasformarsi in una vera e propria valanga d’espropri per l’intero territorio sardo. Espropriare terre agricole e non solo con la giustificazione di una presunta e millantata “pubblica utilità”, non si sa per chi, per piazzare pale eoliche ovunque, è molto più di un cavallo di Troia piazzato nel cuore del paesaggio e dell’ambiente dell’Isola. Il primo elemento che fa emergere contraddizioni pesantissime è proprio l’atto dell’assessorato dell’Industria che ammanta di “pubblica utilità” quel che in realtà è un affare privatissimo, quello della società “Das Villacidro srl”, una società di Cuneo sbarcata chissà come nel “Paese d’ombre”. La contraddizione è evidente: da una parte la Regione impugna i provvedimenti del Governo, a partire da quello del governo Draghi, che impongono l’invasione eolica dell’Isola , e dall’altra, invece, espropria con propri provvedimenti i terreni degli agricoltori per consentire una devastante speculazione eolica in terra sarda.

Il voltafaccia

Nei ricorsi della Regione, sia in sede di Tar che di Consiglio di Stato, sono argomentate in maniera puntuale le ragioni per impedire in ogni modo quest’orda barbarica. Lo hanno scritto negli atti di impugnazione di decreti governativi e di progetti eolici approvati dallo Stato in terra sarda: questa invasione di pale eoliche non è utile alla Sardegna perché l’Isola ha già raggiunto i suoi standard di produzione rinnovabile. I legali della Regione hanno persino sostenuto, con cognizione di causa e pregnanti valutazioni tecniche, che l’impatto di questi grattacieli d’acciaio deturpa in modo irreversibile il “Paesaggio”, creando persino rilevanti problemi alla tutela ambientale, vedasi l’impossibilità dell’utilizzo in sicurezza degli elicotteri nella campagna antincendio.

Invasione senza regole

C’è di più: uno dei temi più contrastati negli atti di impugnazione della Regione è quello della quantificazione di questa invasione eolica, che appare in netto contrasto proprio con il principio comunitario della “prossimità energetica”, ovvero la chiara e netta indicazione che l’energia eolica o solare va consumata laddove si produce. In realtà tutti sanno che le centrali eoliche pianificate in Sardegna nient’altro sono che una mega speculazione destinata solo ad incassare una montagna di incentivi pubblici, lasciando nell’Isola energia a caro prezzo e una devastazione paesaggistica senza precedenti. Alla contraddizione sostanziale che emerge dagli atti della Regione, ve n’è una ancora più insidiosa che riguarda una procedura costellata da buchi neri e ombre evidenti.

L’ombra dei tempi

Prima di tutto la tempistica di questo “decreto regionale” d’esproprio per pubblica utilità. La “Das Villacidro” l’ha trasmesso con busta verde e raccomandata gialla agli agricoltori di Villacidro e Serramanna proprio a cavallo di Ferragosto, come se si volesse rendere ancor più difficoltoso opporsi a questo ennesimo sfregio inferto alle pendici del Monte Linas. Un provvedimento per una “occupazione d’urgenza”, come se in ballo ci fosse un’opera idrogeologica indispensabile per salvare vite umane, insomma, questione di vita o di morte.

Urgenza di 12 anni

In realtà la tempistica spacciata per “urgente”, in ossequio a ordini statali, mal si concilia con la storia di questo progetto. La prima stesura progettuale di queste dieci ulteriori pale eoliche nel proscenio di Villacidro risale a ben 12 anni fa, esattamente a febbraio del 2011. Cosa ci possa essere stato “d’urgente” per un progetto così datato è mistero assoluto, come appare davvero sorprendente quel che emerge con documenti alla mano negli atti depositati in Regione, ovvero il tentativo di negare qualsivoglia “trasparenza” sul progetto. Bastino due elementi per capire il “silenzio” imposto al progetto, quasi che nessuno dovesse sapere quello che si stava ordendo al cospetto del Paese d’ombre. Il primo “cono” d’ombra riguarda le disposizioni fondamentali per rendere valida la procedura d’esproprio: prima di tutto la comunicazione legale e puntuale di tutti i passaggi relativi al progetto da trasmettersi sin dal primo passo ad ogni singolo destinatario dello “scippo” della propria terra.

Annunci nascosti

L’unico atto di “pubblicità” presente nel fascicolo della “Das Villacidro” è un annuncio pubblicato nella pagina di un quotidiano del nord Sardegna. Data della comunicazione quella del 3 marzo 2014, nove anni fa. Tra i caratteri microscopici dell’annuncio nessuna indicazione dei soggetti colpiti dalla procedura, tanto meno indicazioni catastali utili a identificare eventuali destinatari del futuro procedimento. Come se per informare i cittadini di Milano di un esproprio in terra di Padania avessero pubblicato l’annuncio nelle pagine di un quotidiano siciliano.

Il summit di Samassi

Ma c’è di più: nella procedura di questo progetto viene richiamata persino un’assemblea pubblica, tenutasi il 5 maggio del 2015, nientemeno che a Samassi. Il compito dell’incontro sarebbe dovuto essere quello di soddisfare l’obbligo di adempiere alla fase pubblica dell’istruttoria. Anche in questo caso, l’originalità geografica della procedura è esemplare: devono espropriare terreni agricoli a Villacidro e organizzano il confronto istituzionale in un comune che non c’entra niente. Tutti elementi che concorrono a far calare un’ombra non di poco conto su questo “esproprio”, silenzioso, strisciante, oscurato. Un vulnus non solo tecnico-giuridico, ma anche politico, a cavallo di almeno tre legislature.

Procedure fuorilegge

I tribunali amministrativi chiamati ad esaminare casi analoghi sono stati esaustivi: «è illegittimo l’intero procedimento espropriativo, poiché è stato violato l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento autorizzativo dell’impianto e, di conseguenza, non è stata concessa ai proprietari la possibilità di interloquire con l’Amministrazione procedente rispetto all’apposizione del vincolo, prima della dichiarazione di pubblica utilità del terreno e dell’approvazione del progetto definitivo per la realizzazione dell’impianto». La sostanza è netta e chiara: la pubblica amministrazione ha emesso direttamente un atto di esproprio senza consentire ai destinatari del provvedimento di poter partecipare al procedimento, preliminare alla dichiarazione di pubblica utilità del terreno oggetto dell’espropriazione. Il giudizio dei Tribunali su casi analoghi è tranchant: si prende atto che «per la costruzione di un impianto eolico, l’azione della pubblica amministrazione sia stata negligente e illecita nonché gravemente colposa poiché la Regione ha proceduto all’arbitraria occupazione ed espropriazione del terreno di privati cittadini senza concedere il diritto di partecipare al procedimento e costringendo gli stessi a sopportare anche il peso di intraprendere un giudizio pur di difendere il proprio diritto di proprietà».

Sentenze con danno

La condanna reiterata dai Tar su casi analoghi è stata senza appello: restituzione del fondo ai proprietari del terreno e il risarcimento del danno per l’abuso subito. Se gli agricoltori di Villacidro avranno la forza di reagire in Tribunale, ma lo può fare anche il Comune visto che ne è direttamente coinvolto, saranno i Giudici amministrativi a decidere le sorti di quell’affronto al Paese d’ombre, bloccando un precedente che rischia di devastare l’intera Isola.

Silenzio complice

Resta, invece, senza reazioni il caso politico. Il silenzio imbarazzato, di maggioranza e opposizione, su questa vicenda emblematica è molto più eloquente di una qualsivoglia risposta. In altri tempi, espropri per pubblica utilità a vantaggio di affari privatissimi, avrebbero provocato sonore cacciate e dimissioni irrevocabili. Ora, dal Paese d’ombre alla "Regione del silenzio”, il passo è breve.

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