Sardegna-Usa, storie di misteri & top secret
Dal mancato sbarco del 1943 alle servitù militari americane di ieri, oggi e domani in terra sarda: gli States ad un bivioPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Efisio Marras, classe 1888, cagliaritano doc, non era un militare qualunque. Per la storia, quella dimenticata, è lui il primo grande depositario dei tanti misteri della lunga e segreta storia sardo-americana di questi ultimi 80 anni. Sconosciuto e riservato, indomito mediatore e implacabile Generale dell’Esercito italiano. Uomo capace di scalare le diplomazie più irrequiete del pianeta, da quelle di Berlino sino a Washington.
Marras story
Dopo il 25 luglio del 1943 fu Pietro Badoglio, capo del Governo italiano, a spedire il sardo dimenticato da tutti, a rassicurare Adolf Hitler sulla “volontà” del Governo di Roma di non fermare la guerra. Non fu un colloquio facile, quello del 30 luglio del ‘43. Gli appunti di Marras parlano di un incontro interlocutorio, sino al vertice sul Tarvisio, il 6 agosto successivo. Partecipano i Ministri degli Esteri e i Capi di Stato maggiore italiani e tedeschi. Al tavolo c’è anche Efisio Marras, il Generale di Cagliari. È sera, l’8 settembre del 1943, quando la radio diffonde la notizia: è armistizio tra l’Italia e gli Alleati. Tutto o quasi di quegli incontri a Berlino finisce in cenere. Il dieci settembre il personale dell’ambasciata a Berlino viene internato a Garmisch-Partenkirchen. Marras no, durante il trasbordo ad arrestarlo è direttamente la “terribile” Gestapo. Viene, per modo di dire, “processato” e spedito senza troppi convenevoli nel campo di concentramento di Sachsenhausen. Resta lì fino al 31 marzo 1944 quando, poi, finisce nelle mani della “Repubblica sociale italiana”. Il 25 agosto, però, evade. Si dà alla clandestinità, sino alla fine delle ostilità. Nell’Italia devastata dalla guerra il suo posto è alla guida dell’Esercito, come Capo di Stato maggiore, ma non solo.
Washington
È ottobre del 1948 quando i vertici della Difesa gli affidano due missioni estere destinate a segnare inesorabilmente la storia sardo-americana, quella passata e la cronaca moderna dei giorni nostri. Il primo viaggio è in una Germania post bellica, spedito nella terra che fu di Hitler a discutere direttamente con le forze americane d’occupazione. La seconda missione è quella più sconosciuta e segreta. A dicembre del 1948 Efisio Marras raggiunge Washington, con un doppio mandato: aprire le trattative con gli Stati Uniti per governare la fase "post-bellica” e partecipare, in qualità di delegato, al Consiglio Atlantico. Il vertice più delicato, però, è al Pentagono.
Patto segreto
In quel momento, Marras, è il numero uno della Difesa italiana. È il più riservato, il più schivo, l’unico a cui viene affidato un incarico che segnerà per sempre il rapporto militare “sardo-americano" e il patto “segreto” tra gli Stati Uniti d’America e l’Italia. È lui che deve registrare le “pretese” americane in terra sarda e non solo. C’è da “regolare” i conti, economici e militari, dopo il sostegno degli Usa alla liberazione. Il suo compito, quello del Generale di Cagliari, è ascoltare e registrare, capire e mediare. In ballo ci sono le ambizioni statunitensi in terra sarda, le mire egemoniche nel Mediterraneo, la pretesa stabilità occidentale.
Trattativa
Tutto da sottoscrivere con un contratto destinato a segnare per sempre la storia del Bel Paese: «Patto Atlantico». L’apporto degli Stati Uniti alla ricostruzione delle forze armate italiane divenne decisivo: con l’adesione alla Nato, si passò dalle regole di ingaggio britanniche, adottate per necessità nel 1944, a quelle degli States.
Pretese Usa
A discutere per primo gli assetti americani nel sud Europa, Sardegna prima di tutto, c’è il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Efisio Marras. Il compito è tutto suo: gestire le prime rivendicazioni degli Usa nella gestione militare degli eserciti occidentali, a partire da quello italiano. Non una partita secondaria, visto che gli stessi americani temevano, nonostante si ritenessero i salvatori della Patria, le reazioni delle popolazioni agli insediamenti degli States sul suolo sardo e italiano.
Basi sarde
Marras registra i capisaldi delle pretese americane: «prosieguo dei diritti acquisiti dagli Stati Uniti in base agli accordi precedenti; immediata concessione di diritti aggiuntivi con la realizzazione di una linea di comunicazione dal Tirreno al confine nordorientale in appoggio alle truppe di occupazione in Austria e a Trieste; diritti da acquisire in futuro». Si parlò anche di denari, con accordi finanziari da stipulare subito dopo l’eventuale intesa strategica con il Governo Italiano. Insomma, gli americani volevano anche soldi per posizionare basi militari sul suolo italiano. Registra Marras: «basi e strutture militari degli Stati Uniti in Italia, compresa l’installazione e il mantenimento, sarebbero dipesi direttamente dal finanziamento italiano». È lì che scattò l’operazione “servitù militari” in Sardegna. Dopo i colloqui di Washington partì la ricognizione terrestre nell’Isola e non solo.
Nato & Usa
L’obiettivo era esplicito: individuazione di siti adeguati alla costruzione di installazioni militari. Da quel momento saranno i Governi a trattare, con una postilla annotata nelle carte “segrete”: il Governo italiano preferisce che le basi siano in capo alla Nato e non direttamente agli Stati Uniti. Non solo una formalità. Non cambia, però, il risultato. La Sardegna è terra di conquista. Politicamente debole, isolata, centrale nel Mediterraneo, incapace di creare troppi problemi a chi deve decidere. Gli Usa del resto la conoscevano bene, anche militarmente: nei documenti angloamericani per la conquista dell’Isola, nella seconda guerra mondiale, il ruolo della Sardegna era chiaro, anche se il tutto si fermò alla teoria. Furono gli Usa a pianificare, già dalla fine del 1940, con l’operazione Yorker, l’occupazione militare dell’intera Isola. Arrivò, poi, il “Piano Garotter”, per occupare Cagliari, ma anche in questo caso il tutto si fermò. Infine, sempre loro, progettarono il “falso” sbarco nell’Isola con l’operazione Brimstone nel 1942. Ovviamente, non se ne fece niente.
81 anni dopo
Il pallino dell’Isola da conquistare, però, resistette: il 20 ottobre 1954 Mario Scelba, Ministro dell'Interno e Presidente del Consiglio dei Ministri, firma l'Accordo Bilaterale sulle Infrastrutture (BIA ) con gli Stati Uniti d’America. Un patto “segreto” per gestire e costruire basi militari Nato e Usa in Italia, in Sardegna soprattutto. Ieri come oggi, tutto top secret, salvo qualche concessione dopo la strage del Cermis. Da domani quel patto segreto, con le clausole di ampliamento, a partire dagli F35 capaci di caricare bombe nucleari in arrivo a Decimomannu, sarà nelle mani del 47° Presidente degli Stati Uniti d’America. Il futuro dell’Isola, ora come non mai, passa ancora una volta da Washington, come ottantuno anni fa. Ad ascoltare le pretese degli States questa volta, però, non ci sarà Efisio Marras.