È successo di recente in un paese della Barbagia: un medico ha aperto l’ambulatorio, ha resistito un mese, e poi se n’è andato a lavorare in un pronto soccorso.

Ha scelto un’attività che, seppur complicata e poco ambìta, evidentemente è meno stressante di quella dell’assistenza primaria.

«I toni trionfalistici con cui è stato annunciato l’Accordo integrativo da parte di Regione e Fimmg non sono minimamente giustificati», avverte Pietro Satta, presidente dell’Associazione dei medici di medicina generale della Sardegna, «l’intesa, peraltro al momento firmata soltanto da due sigle, non contribuisce per niente a rendere attrattiva questa branca dell’assistenza territoriale, e rischia di incentivare la fuga dei giovani verso altre specialità, e il prepensionamento di chi già lavora e vorrebbe continuare».

I numeri fanno tremare: oggi ci sono 450 sedi scoperte, e nel giro di un paio d’anni, 300 professionisti si ritireranno.

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