Tra pochi giorni sarà sul palcoscenico del teatro Manzoni a Milano, da mattatore, per una conferenza su Canova. «Sempre in giro per l’Italia – ci dice Vittorio Sgarbi – per tutelare e raccontare i nostri tesori artistici. È il flusso della mia vita. Non mi stanco mai». Si infiamma quando ricorda l’artista sardo Brancaleone Cugusi da Romana a vent’anni dalla riscoperta, grazie proprio al critico d’arte ferrarese che gli ha dedicato nel 2004 due mostre straordinarie a Cagliari (all’Exmà) e a Sassari (museo Masedu). «È un grandissimo pittore. Ha avuto vicende difficili. Ha sperato nella mostra alla Permanente di Milano ma è morto la settimana prima. In qualche modo ho portato a compimento il suo destino, con le mostre a Cagliari e a Sassari. Un talento purissimo senza componenti di folklore. Ha una solennità che rende universale la dimensione sarda».

Come rinnovare il suo ricordo?

«Ho pensato di portarlo, dopo 20 anni, al Mart di Rovereto, il più importante museo italiano di arte moderna di cui sono presidente. Voglio mettere in piedi una mostra per dare lustro all’artista di maggior profilo europeo, insieme a Giuseppe Biasi. Un genio poco conosciuto in Sardegna. Figuriamoci in Italia. Al Mart il mondo sardo sarà molto presente nei prossimi mesi».

In quale modo?

«Tra 1924 e il 1925 avranno la ribalta tre grandi sardi. Costantino Nivola, in dialogo con Antonio Canova, accostamento tra scultori, Salvatore Fancello insieme a Leoncillo, ceramisti a confronto, e, appunto, la mostra dedicata a Brancaleone da Romana nel ventennale della sua rinascita».

Deve pensare anche ad Arpino, il paese di cui è sindaco.

«Ha un’elevata dignità culturale nel ricordo da Cicerone, suo figlio illustre. È facile assecondare questa vocazione che proietta la comunità all’attenzione del mondo. I problemi nascono con le questioni legate alla routine amministrativa che fanno perdere molto tempo».

Viene spesso in Sardegna, ormai non è più un turista.

«Un lungo rapporto, molto solido, che si è via via rafforzato da quando 32 anni fa sono stato eletto deputato nell’Isola. In quel momento ho pensato che non potevo diventare parlamentare “sardo” senza avere un debito di riconoscenza e di impegno che ho cercato di onorare in questi anni promuovendo e organizzando tante iniziative artistiche e culturali. Ma mi faccia lanciare un messaggio a cui tengo alla vigilia di un appuntamento elettorale molto importante per la Sardegna».

Quale messaggio?

«La campagna elettorale pone una questione di principio. L’autonomia della Sardegna identifica una nazione. È necessario che il prossimo presidente abbia presente il concetto che l’autonomia vuol dire autonomia della regione e autonomia dei comuni. C’è il rischio che le risorse più importanti della Sardegna, paesaggio, natura e civiltà dei nuraghi, civiltà legata alla terra, possano essere stravolte per sempre dall’eolico selvaggio».

Che cosa dovrà fare il prossimo presidente?

«Le decisioni sugli impianti eolici, che rischiano di compromettere equilibri ambientali e culturali, non spettano a Roma. Sono decisioni che riguardano l’identità dell’Isola e da cui dipende il suo sviluppo. Quando ero sottosegretario alla Cultura ho ricevuto una folta delegazione di sindaci sardi. Ho sposato e sostenuto la loro battaglia: impedire che non solo i monumenti ma anche il paesaggio sia devastato. Il Governo della Sardegna non può piegare il capo all’esecutivo di Roma. Ci sono due cose da rivendicare: il primato dei sindaci e il primato all’autonomia. Più che un tema politico e una questione identitaria».

Come trova l’energia?

«È l’amore per l’arte che mi tiene vivo. E la necessità della sua tutela. Con il racconto in tv e nei teatri poi tramando valori che sono il fondamento della nostra civiltà».

Massimiliano Rais

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