In Italia non sono stati ancora autorizzati, ma ora l'Aifa e il governo stanno spingendo per autorizzare il prima possibile gli anticorpi monoclonali come terapia per combattere il Covid-19. Di sicuro gli elevati costi scoraggiano l'applicazione, ma alla lunga il "risparmio" nelle degenze in ospedale e nelle terapie intensive, oltre che sulle vite umane che non hanno prezzo, potrebbero spingere l'autorità competente a procedere in tal senso.

Il professor Roberto Cauda, infettivologo e ordinario di Malattie Infettive dell'Università Cattolica, spiega l'efficacia della terapia e invita ad accelerare la procedura. "Gli anticorpi monoclonali sono stati già largamente impiegati e con notevole successo in patologie umane, in particolare in oncoematologia, in reumatologia e nei trapianti. In Covid-19 gli anticorpi monoclonali trovano una loro ragione di impiego dal momento che non c'è un farmaco antivirale specifico e quelli di cui oggi noi disponiamo sono farmaci non specificamente designati per bloccare il virus responsabile di Covid-19 ma in qualche modo adattati. I risultati, qualche volta migliori, qualche volta meno buoni, sono stati in genere al di sotto delle aspettative".

Il presidente di Aifa, Giorgio Palù, ha recentemente sottolineato come in questo periodo di difficoltà per i ritardi sui vaccini, la terapia monoclonale potrebbe aiutare a contenere l'epidemia. "Gli anticorpi monoclonali, a differenza del vaccino, non prevengono la malattia e l'infezione perché vengono utilizzati molto precocemente in soggetti che si sono infettati. E il motivo per cui vengono dati precocemente è che si cerca di bloccare e di ridurre sul nascere l'invasione del virus alle cellule dell'organismo perché si sa che riducendo il carico virale presente all'interno dell'organismo si riduce anche il rischio di avere quelle forme più gravi che possono risultare in alcuni soggetti anche mortali".

(Unioneonline/L)
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