«La Sardegna è una terra magica, ha un'ambientazione molto potente». E non sono parole ruffiane, perché Joan Thiele nell'Isola ci viene sin da ragazzina: «Facevo le vacanze a Carloforte e poi ho molti amici a Cagliari, Alghero e Olbia. Tra gli amici c'è anche il regista Roberto Ortu che ha girato il video del singolo “Allucinazione”. Invece la foto della copertina dell'album è stata fatta alle Saline di Cagliari grazie al Fai: è davvero una terra bellissima e con musicisti potenti come Daniela Pes e Paolo Fresu».

Nata a Desenzano del Garda da madre napoletana, padre svizzero con origini colombiane, ha vissuto da giovanissima anche in Inghilterra. Le coordinate geografiche e culturali di Joan Thiele, 34 anni, sono indispensabili per comprendere perché il suo suono è così sofisticato, moderno e vintage allo stesso tempo, arricchito da echi di musica di qualità ma allo stesso tempo rielaborato in maniera decisamente personale. La partecipazione al Festival di Sanremo col singolo “Eco” ha ampliato la platea di un'artista che è comunque in attività da dieci anni ed è al suo terzo album con “Joanita”, dopo la raccolta “Atti” e l'esordio con “Tango”. Sarà sabato in piazza Moretti a Sassari per il Festival “Abbabula”.

Come mai la scelta di S'Ortu Mannu a Villamassargia per il video di “Allucinazione”?

«Questo è un brano di introspezione che parla di libertà e di scegliere come voglio essere, mi piaceva l'idea di farlo in un luogo con alberi secolari, una ambientazione molto potente».

Canta “Io non venero la fama/Chi taglia la strada con la fretta cadrà”: come si gestisce il successo e la pressione?

«È un problema in generale, non solo per noi artisti che siamo molto esposti. Viviamo in un periodo dove si crea la necessità esasperata di essere performante e a volte questo crea delle difficoltà, credo che il punto importante non deve girare intorno alla fama ma a quello che ami se vuoi staccarti determinate dinamiche, al di là del risultato. Se poi arriva la fama, va bene, ma non deve essere quello l'obiettivo».

Aveva iniziato con brani dal sapore internazionale come “Save Me” e l'album “Tango”, cantando in inglese e spagnolo, come mai la scelta di passare all'italiano?

«Ho iniziato a cantare in inglese perché i miei ascolti erano in inglese, ma avevo la necessità di trovare il mio suono in italiano, un suono mio, e scrivere in italiano mi ha aiutato molto, è stato molto catartico e ora che l'ho fatto mi sento più serena se dovessi tornare a scrivere in inglese e in spagnolo».

Italia, Colombia, Svizzera e Inghilterra: è un vantaggio essere cresciuta con influenze culturali e musicali diverse?

«Il viaggio aiuta, credo molto nella curiosità, approcciare culture diverse mi ha aiutato. Non so quale sarà la mia prossima destinazione musicale, perché non è che posso sceglierla in anticipo, la musica cambia con me».

Ad “Abbabula” verranno pure Lucio Corsi e Brunori Sas, si ricompone il triangolo del Festival di Sanremo...

«Che curiosa questa coincidenza! Ma soprattutto è interessante vedere che c'è spazio per tutti: è un momento storico in cui tante cose possono girare e questo è bello».

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