Non potranno dire che non hanno visto i cartelli. Quando entri sul viale dei Caduti di Nassirya, costeggiando l’aeroporto di Cagliari-Elmas, te ne trovi uno ogni cinquanta metri. Li hanno messi nuovi e fiammanti, perchè nessuno se ne dimenticasse. Gialli che più gialli non si può, persino fosforescenti, per non perdersi di notte. Come se non bastasse l’hanno persino scritto a caratteri cubitali: «Mezzi di soccorso, piano di emergenza percorso». Non ci vuole un luminare della “pianificazione della sicurezza” per capire che si tratta della via di accesso e uscita per ambulanze, mezzi di soccorso, vigili del fuoco e quant’altro serva per un’emergenza. Non una strada qualunque, ma l’arteria fondamentale per un luogo pubblico, figuriamoci per un aeroporto.

Chioschetto & aeroporto

In un Paese, l’Italia, dove ti chiudono un “chioschetto” in spiaggia se non hai la via d’uscita segnalata come in un aeroporto, può capitare, però, che ti trasformino di punto in bianco una via d’emergenza di uno scalo aereo internazionale come quello di Cagliari in un crocevia viario al servizio di Ikea e Leroy Merlin e varie attività commerciali. La «life avenue», la strada della vita, come la chiamano gli americani, dovrebbe essere inviolabile, libera da ogni ostacolo, dedicata “esclusivamente” a quell’evento che tutti si augurano mai avvenga, ma per il quale bisogna essere previdenti e visionari, preparati senza improvvisazione.

Sull’altare del soccorso

In Sardegna, invece, a due passi dall’aeroporto è possibile che il sacrificio di una strada di emergenza sia trasformabile, con tanti silenzi e molte complicità, nell’entrata e persino nell’uscita di migliaia di avventori della grande distribuzione. Non bastavano le bonifiche mai fatte, per stessa ammissione progettuale e documentata di quell’ex area industriale che fu la Fas, ora il rischio si scarica sulla via di emergenza dell’aeroporto. Basta leggere gli atti per capire quel che sta accadendo.

Salto carpiato

La comunicazione all’Enac della “Villa del Mas srl”, proprietaria di quello stabilimento industriale, è un triplo salto carpiato: si arriva persino a derubricare il parere contrario dell’Ente statale ad un “disguido” nell’accesso al portale informatico del Comune. In realtà, è tutt’altro che un disguido: il parere contrario è legato a quel tentativo di scaricare tutto il traffico commerciale direttamente sulla via di emergenza-soccorso dell’aeroporto. Dunque, non quisquilie, ma rilievi imponenti. L’Enac, in quel voto contrario, poneva sotto la lente d’ingrandimento «la volontà di realizzare una seconda via di accesso/uscita dal centro commerciale che andava ad utilizzare un tratto della viabilità a servizio dell'aeroporto, manifestando l'esigenza di conoscere i flussi veicolari generati ed attratti dal centro commerciale e la loro compatibilità con i medesimi flussi generali dello scalo, al fine di evitare possibili fenomeni di congestione». Una valutazione che portò «nel merito l’Enac» ad esprimere «parere negativo».

Traffico “volante”

A rispondere che le attività commerciali non avrebbero creato «sovraccarico veicolare» è una nota redatta dagli stessi progettisti. Dopo l’affermazione quantomeno “azzardata” sull’inesistenza di un “sovraccarico veicolare” conseguente al nuovo centro, l’Enac comincia, comunque, a virare. Per siglare la retromarcia e la resa, l’Ente per l’aviazione civile deve dimostrare ai più di dettare le condizioni: «1. ENAC si riserva in qualsiasi momento di chiudere l'accesso alla rotatoria presente sul sedime aeroportuale per ragioni di security e in condizioni di elevati picchi di traffico generati a tratti dall'aeroporto stesso; 2. La rampa di collegamento tra il centro commerciale e la viabilità presente in aeroporto intercetta l'area in cui è prevista la realizzazione di un parcheggio. Al fine di non pregiudicare la funzionalità e continuità del parcheggio stesso, è richiesto che la modalità di realizzazione del sovrappasso dovrà consentire al di sotto dello stesso il passaggio dei veicoli tra le due sotto-aree del parcheggio che si verranno a realizzare».

Le condizioni per la resa

Le condizioni della resa sono, però, da formalizzare: «Al fine di dare completa attuazione al progetto in argomento, dovrà esser stipulato adeguato Protocollo tra codesta società, Enac, Sogaer e gli Enti locali competenti per la definizione delle modalità di acquisizione delle aree, di intestazione catastale e per la determinazione della competenza in materia di manutenzione e gestione delle stesse». Nella stessa nota c’è, però, un post scriptum di non poco conto: «A margine di quanto sopra, si rappresenta che il Comune di Elmas che legge in copia alla presente, non è dotato del Piano di Rischio approvato previsto dal 5° co. dell'Art. 707 del Codice della Navigazione e pertanto nelle aree nello stesso ricomprese non possono essere autorizzate nuove opere e/o attività».

Pubblico regalo

Il Comune di Elmas, però, non si preoccupò più di tanto: nonostante il parere contrario dell’ente statale in materia di aviazione civile e il severo richiamo aveva già approvato tutto. Quel cavalcavia, nonostante mancasse ancora il piano di sviluppo aeroportuale e il piano di sicurezza, viene trasformato in un’arteria viaria fondamentale per il futuro complesso commerciale. Un tratto di strada “volante” per scavalcare i binari ferroviari e immettere quel traffico direttamente nella corsia «di soccorso» dell’aeroporto. Poco importa se quella scelta condizionerà per sempre il sedime e la sicurezza aeroportuale. Del resto, sarebbe impensabile realizzare sull’altro fronte una nuova arteria di sicurezza: nei restanti lati delle piste di decollo e atterraggio, infatti, ci sono solo spianate d’acqua, quelle delle lagune circostanti.

Incontri arditi

Dietro questa decisione quantomeno “azzardata” di trasformare una corsia di soccorso in una strada ad alto traffico, però, ci sono risvolti carichi di misteri e incontri a dir poco “arditi” per definire i dettagli dell’operazione, compresa la stipula del protocollo d’intesa con l’Ente statale.

La via della “Retromarcia”

Dopo il parere contrario dell’Enac e le flebili aperture alla modifica della posizione statale, infatti, si scatena una vera e propria caccia alla “retromarcia” dell’Ente di Stato. Le mail degli interessati si moltiplicano con scambi incrociati tali da far comprendere che la partita è questione vitale per il complesso commerciale. Della sicurezza dell’aeroporto sembra non importare a nessuno. “Villa del Mas”, la società proprietaria dell’ex ferriera, scrive che è urgente autorizzare il cavalcavia per far funzionare il centro commerciale che verrà. Le comunicazioni tra la proprietà dell’ex Fas e l’Enac sono incessanti: si chiede di confermare espressamente la compatibilità del cavalcaferrovia con il piano di sviluppo aeroportuale.

Il summit di Roma

La corrispondenza diventa più intensa dopo il 28 marzo del 2017. Da definire c’è l’atto formale del dietro-front dell’Enac dopo quel parere negativo espresso dal rappresentante dell’Ente di Stato in sede di conferenza di servizi. L’incontro è romano. L’appuntamento è alle ore 15.30 del 13 luglio 2017. Il vertice è sostanzialmente a due, tra l’Enac, rappresentato dall’ingegner Franco Conte e la proprietà della società “Villa del Mas”. Come dire, un’operazione privata su un bene pubblico di primaria importanza.

Il patto del “semaforo”

La posizione della Sogaer, la società che gestisce l’aeroporto, in quella riunione nei Palazzi della Capitale risulta non pervenuta, come se nessuno dovesse pensare a tutelare quella strada di soccorso e di emergenza. Dalla società aeroportuale, stranamente, non parte una sola missiva di contrasto a quell’ipotesi, il silenzio è un assenso esplicito. Tutto questo nonostante in ballo ci fosse anche una serie di investimenti pubblici, come parcheggi e aree di servizio, da realizzare proprio nell’area di arrivo del cavalcavia nel versante aeroportuale. L’accordo si chiude in maniera singolare, con la previsione di “un semaforo” in caso di traffico eccessivo generato dai flussi commerciali. Sembra surreale, ma è tutto vero.

Aeroporto & commerciale

Una decisione che va ben oltre la realizzazione di un cavalcavia, ma si tratta semmai, come emerge dalle carte e dai protagonisti, di un’operazione su vasta scala tutta rivolta a rendere un tutt’uno l’aeroporto con il complesso commerciale, mettendo lo scalo aereo a servizio di attività private. Non sarà sfuggita, infatti, l’enfasi con la quale è stata annunciata la nascita del mega centro di Ikea & soci, che secondo gli ideatori sarebbe stato collegato direttamente con i check-in aeroportuali. Ultima annotazione: nel primo piano urbanistico attuativo approvato non era mai stata prevista la “soluzione” di scaricare il traffico nell’aeroporto. Basta vedere le carte del progetto proposto al Comune e alla Regione. A redigerlo era stato sempre lo stesso studio di progettazione. A giustificare e argomentare la retromarcia, però, sono sempre gli stessi tecnici, seppur qualche anno dopo, guarda caso proprio nel momento in cui il tentativo di privatizzare lo scalo cagliaritano si è fatto più insistente.

Responsabilità

L’Enac, dunque, ha poco tempo per ripensare ai rischi sulla sicurezza aeroportuale. Quel “via libera” per utilizzare la via «di soccorso» come arteria dedita ad attività diverse da quelle proprie dell’aeroporto merita una riflessione approfondita a tutela della sicurezza pubblica. Responsabilità oggettive e soggettive, quando si tratta di emergenza e soccorsi, non sono orpelli. In questa cosa bisognerà comprendere se tutti i livelli dell’Enac, compresi i vertici, e lo stesso Ministero della Infrastrutture e Trasporti hanno avvallato, e con quale grado di responsabilità, quella decisione che rischia di compromettere per sempre la sicurezza dell’aeroporto cagliaritano. Un’operazione, quella tra Fas e aeroporto tutta giocata su ribaltamenti repentini di posizione, di singolari ripensamenti e pareri “pubblici” stravolti a favore di interessi non pubblici.

I ribaltoni

Prima la salvaguardia degli edifici storici, per i quali era prevista la tutela anche nel Piano Urbanistico di Elmas, e poi la demolizione senza remore. Prima il divieto di utilizzare la corsia di emergenza dell’aeroporto e poi il via libera a riversare tutto il traffico aggiuntivo e ingente su quell’arteria di soccorso. Chi, in caso di emergenza, risponderà delle conseguenze? Insomma, un affare pubblico-privato destinato a segnare per sempre, e pesantemente, la “Porta” di Cagliari e la principale infrastruttura della Sardegna, l’aeroporto di Elmas. Un dato è certo, questa storia si sta consumando con il colpevole silenzio di tanti e la complicità di molti.

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