Indisturbati, come nella terra di nessuno. Da nord a sud, dalle pendici del Limbara, il più alto dei monti della Gallura, alle strade dell’oristanese. Sventrano montagne, cancellano aiuole spartitraffico, annientano cartelli stradali, radono al suolo querce e linee elettriche. L’onda barbarica degli affari rinnovabili in terra di Sardegna costi non conosce tregua. I signori delle lobby eoliche e solari restano indifferenti ad inutili norme legislative, incapaci di bloccare persino l’avanzare dei bulldozer lungo strada.

Klondike sardo

La corsa al ”Klondike sardo”, quello del vento e del sole, incede a colpi di pale meccaniche, come se i potentati delle società sbarcate in Sardegna per sbancare il montepremi degli incentivi di Stato avessero fretta di mettere a soqquadro l’Isola. Non sono preoccupati delle norme che il Consiglio regionale si accingerebbe a varare la prossima settimana, ne percepiscono l'inefficacia e la prospettiva limitata a qualche mese. Puntano piuttosto a fare in fretta per accaparrarsi prima di altri la montagna di denari che l’Europa e l’Italia stanno mettendo sul tavolo per l’era green, quella della grande speculazione finanziaria ed economica. L’Eldorado isolano sembra destinato a subire l’attacco più consistente, sia per le reiterate perdite di tempo delle istituzioni, che per l’evidente subalternità ai Palazzi romani, quelli del Governo e del potere. Da ieri le grandi manovre terrestri per la nuova ondata di pale eoliche in terra sarda sono iniziate, senza remore, con la forza d’urto di chi “se non ti sposti ti sposta”, con le buone o cattive maniere.

Primo varco “sfondato”

Il primo varco a ridosso del Porto di Oristano è aperto, “sfondato” di malo modo da ruspe che hanno divelto svincoli e ogni disturbo per il trasporto delle pale eoliche più grandi mai giunte in Sardegna, tutto come si conviene nelle peggiori occupazioni militari. Nei giorni scorsi dallo scalo oristanese avevano preso il largo, verso Villacidro e Domusnovas, i grandi cilindri che costituiscono la base delle gigantesche eliche da piazzare su quei grattacieli d’acciaio alti oltre 200 metri. Ora è la volta del trasporto più complesso, quello meno discreto, visto che quelle lame aeree dovranno attraversare centri abitati e non solo per giungere a destinazione. Per questo motivo da lunedì è iniziata un’operazione che prevede di smantellare ogni ostacolo per il transito di quelle pale giganti sulle strade sarde. Il passaggio è cruciale: aver concesso le autorizzazioni per il passaggio dei mezzi speciali, cento metri di lunghezza, costituisce di fatto un via libera ad utilizzare il Porto di Oristano come un crocevia strategico per lo sbarco delle pale eoliche nell’Isola.

Nuovo crocevia eolico

Se sino ad oggi il crocevia tra Santa Giusta e la via principale verso Arborea, sino a Villacidro, era vietato, ora sarà perennemente destinato al transito di quei mezzi verso il sud e il nord dell’Isola. Per adesso si tratta di un varco spagnolo in terra sarda visto che, il 22 aprile scorso, ad attraccare sullo scalo centrale dell’Isola era stata la “Uhl Frontier”, nave cargo eolica, battente bandiera portoghese, in arrivo ad Oristano da “Puerto de la Luz”, una succursale delle Isole Canarie, tra Santa Cruz de Tenerife e Fuerteventura.

La via della Vestas

Uno sbarco che aveva da subito reso chiaro che in quel momento si stava aprendo la “via del vento” tra il primo dei potentati europei dediti all’occupazione della Sardegna, quella Vestas danese con stabilimento in Spagna che le pale eoliche le produce per tutto il mondo. Il porto prescelto è quello che ha vinto, per adesso, la competizione con tutti gli altri, quello più centrale e discreto, circospetto e marginale, in teoria fuori dai giochi commerciali dell’Isola del mare. L’inizio dei lavori per smantellare strade, isole spartitraffico e ogni disturbo al transito di quelle eliche costituisce un segnale inequivocabile che la “fase due”, quella dello sbarco in terra ferma, può avere inizio.

Porto saturo

Il piazzale del Porto di Oristano, come si vede dalle foto aeree che pubblichiamo, è totalmente dedicato a quel carico di pale eoliche. Oggi sarebbe impossibile farne arrivare altre, ma è evidente che, una volta distribuite quelle che da quasi tre mesi stazionano nello scalo oristanese, il flusso sarà continuo, alla faccia dell’apparente divieto di costruire nuovi sfregi eolici nell’Isola. Lo scenario è scontato: una volta smantellate le strade e gli ostacoli intorno al porto, verso le principali vie d’accesso per l’entroterra eolico, non si perderà tempo e denaro per il ripristino immediato visto che si coglierà l’occasione per mantenere il flusso continuo verso quei cantieri che attendono gli “affettatori d’aria” per attivare il “denarodotto” tra lo Stato e le casse private delle lobby e degli speculatori di turno. Uno scenario che sarà moltiplicato in tutte le direzioni: lo sventramento degli incroci di Santa Giusta e Arborea, come avevamo preannunciato in una precedente inchiesta, è solo l’inizio visto che quelle pale eoliche non potranno passare nemmeno sotto la maggior parte dei cavalcavia delle principali arterie stradali dell’Isola, sia della 131 che le altre connessioni provinciali. Saranno necessari bypass con interventi che solo la ruspa e gli escavatori potranno consentire, devastando ogni via di transito.

Pronta la “manu militari”

Anche in questo caso non è da escludere che lo Stato metta in campo, ancora una volta, la consueta “manu militari”, costringendo magari Sindaci e Commissari provinciali a firmare analoghe ordinanze per smantellare strade provinciali, rurali e transiti urbani. Si tratta, dunque, di un varco che anziché restare chiuso, proprio per il contenzioso in atto con l’Isola verrà impunemente aperto.

Il fronte del Limbara

A tutto questo si aggiunge un nuovo fronte d’attacco: le lobby speculative hanno messo nel mirino lo straordinario paesaggio del Limbara, il massiccio montuoso nella Sardegna nord-orientale, nei Comuni di Tempio Pausania, Calangianus, Oschiri e Berchidda. Un ciclopico monumento granitico che congiunge la Gallura del nord con il Logudoro. Non bastava lo sfregio di quella base americana sulle cime di quella montagna, dimenticata dal tempo e dagli uomini, ora si apre un nuovo versante, quello delle pendici del “grande monte”. Le immagini che pubblichiamo sono prove senza appello di una vera e propria devastazione che si sta compiendo in una delle aree di maggior pregio ambientale e naturalistico dell’intero versante montano.

Querce divelte

Gli escavatori e le ruspe stanno letteralmente mandando “radici all’aria” imponenti querce che, come si vede dalle foto, disturbavano evidentemente la spianata che si intende costruire per collocare in quell’area l’ennesima distesa di pannelli fotovoltaici, sempre cinesi . Impossibile sapere se quella devastazione di querce sia stata autorizzata e da chi, ma di certo ci sono le prove evidenti di quanto sta accadendo in quell’area tra Calangianus e Tempio, in località “Li tre funtani”. Stesso attacco nelle zone di “Bonvicino” e nella strada tra tempio e Oschiri. La razzia in terra di Gallura non si ferma, l’ennesima nell’Isola in balia di lobby e speculatori.

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