Sono le 2:30 dell'11 gennaio del 1999 quando, a Milano, muore Fabrizio De André, un mese prima di compiere 59 anni.

Al cantautore genovese da circa sei mesi è stato diagnosticato un carcinoma polmonare: una notizia sconcertante, che lo costringe a dire addio definitivamente alle scene.

La situazione si aggrava a novembre del 1998 quando diventa necessario il ricovero. Uscirà solo il giorno di Natale, per trascorrerlo con la famiglia, sapendo che l'addio è vicino.

Tutta l'Italia, quella mattina dell'11 gennaio, resta attonita davanti al dolore di aver perso una delle ultime grandi voci della musica italiana, "il più grande poeta che abbiamo mai avuto", dirà in lacrime la traduttrice e sua amica Fernanda Pivano. Sono oltre 13mila le persone che parteciperano ai funerali, nella Basilica di Santa Maria Assunta di Carignano, a Genova.

Fabrizio, "Faber" il fortunato soprannome che gli aveva assegnato Paolo Villaggio, in quarant'anni ha inciso 14 album: brani che uno dopo l'altro raccontano di emarginati, prostitute, anarchici, innamorati. Sempre con una semplicità e una poesia che commuovono e che lo rendono senza tempo.

Il lutto colpisce in modo particolare la Sardegna, che il poeta aveva eletto a suo buen retiro: "La vita in Sardegna - aveva detto - è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso…".

(Unioneonline/D)

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