«Ecco gli effetti che avrebbero trentadue pale alte 355 metri su paesaggio, pesca e turismo»
Alla tavola rotonda nella sede centrale de L’Unione Sarda i pareri di politici, imprenditori e Chiesa sul progetto MistralSe fosse data via libera al parco eolico Mistral – 32 pale alte 355 metri in mare, visibili dalla costa – quali effetti produrrebbe su pesca, turismo e paesaggio?
Giangiuseppe Vargiu (sindaco di Narbolia): «Tanti, nessuno positivo, perché distruggerebbe ciò che fino a oggi abbiamo tutelato. Il posizionamento di impianti con dimensioni enormi avrebbe come conseguenza che si vedrebbero anche dalla pineta di Is Arenas e da altri angoli magnifici, distruggerebbero ciò che tutti cercano: la pace e la magia, la naturalezza, i paesaggi. Siamo ricchi di siti di interesse comunitario, che senso avrebbe ritrovarci un orizzonte con le pale?».
Andrea Loche (sindaco di Cuglieri): «La materia in sé è abbastanza ostica. Ho visto le simulazioni allegate al progetto, se fossero credibili significherebbe che l’impatto concreto è meno imponente di quello che si teme, ma il problema è che l’impatto ci sarà. Esistono tutti i mezzi tecnici per sapere esattamente quali effetti produrranno, perché non usarli? Va da sé che i controlli e le verifiche su altezze, compatibilità e distanze li deve fare chi autorizza o boccia gli impianti e non chi propone l’investimento. Per quanto sia in acque internazionali, ci vorrebbe una parola definitiva del ministero per stabilire una distanza minima delle pale dalle coste».
Paolo Pradelli (gestione alberghi): «È sbagliato l’approccio al tema. La Regione dovrebbe pubblicizzare in maniera trasparente e inequivocabile gli obiettivi e come intende raggiungerli. Solo così si capirebbe se i progetti che sono sul tavolo sono davvero legati alla transizione energetica oppure se sono solo speculazione, tenendo presente che queste decisioni si riverbereranno sulle prossime generazioni. Se per produrre energia pulita distruggiamo l’ecosistema, che senso ha? Viceversa, se si rispetta l’ambiente e il paesaggio, perché no?».
Antonio Loi (presidente consorzio pesca Marceddì): «Per il nostro settore sarebbe una pessima novità. Noi pescatori di Marceddì abbiamo da una parte la base militare, dall’altra vogliono piantare le pale eoliche in mare, in mezzo ci sono i problemi della categoria. Ci vogliono far emigrare verso altri territori. La proposta di legge per bloccare quest’assalto avrebbe dovuto raccogliere 10 mila firme e invece ha superato abbondantemente le centoventimila, significa che i sardi non vogliono interventi che compromettano il paradiso in cui viviamo. Ho 73 anni e faccio questo mestiere da quando ne avevo 12, purtroppo penso che il danno sia già stato fatto e i sardi non beneficeranno di questa energia».
Don Ignazio Serra (Pastorale del turismo): «La distanza delle pale dalla costa dovrebbe essere regolamentata nello stesso modo in tutta Italia. Non solo per proteggere il turismo ma anche per tutelare chi come noi in Sardegna vive tutto l’anno. Sono appena rientrato da Maiorca, è divorata dai turisti: fortunatamente la nostra isola è vivibile e dobbiamo salvaguardarla. Dobbiamo sfruttare il vento e il sole trovando i luoghi idonei per farlo. “La Sardegna è la nostra terra, dobbiamo difenderla”, ripete il nostro vescovo, facciamo gli interessi della comunità rispettando la volontà popolare, senza bloccare la transizione energetica».
Siete stati contattati dall’azienda? Vi hanno proposto qualche compensazione?
Vargiu: «Mai. Invece sotto Ferragosto il ministero ci ha chiesto di presentare le osservazioni al progetto».
Loche: «Niente di niente».
Pradelli: «Magari si faranno vivi se e quando apriranno il cantiere per prenotare una stanza»,
Loi: «L’unico contatto l’abbiamo avuto tempo fa con l’intermediario di una società francese che si occupa di rinnovabili. Ci ha proposto di cedere metà stagno di San Giovanni, in cambio avrebbero sostenuto le spese elettriche del Consorzio. Neanche gli ho risposto».
Don Ignazio Serra: «No».
La Sardegna nell’accordo Stato-Regioni ha accettato di produrre almeno 6,2 gigawatt aggiuntivi con le rinnovabili: si può rimettere in discussione il numero per ridurlo?
Vargiu: «Penso che sia indispensabile capire meglio, avere più informazioni, e poi ridiscutere i 6,2 gigawatt. Senza perdere tempo, perché altrimenti si rischia di favorire chi punta solo a speculare».
Loche: «La dimensione numerica è importante ma non credo che sia il fulcro del problema. Lo è invece stabilire regole certe per impedire sia maggiore il danno rispetto ai benefici».
Pradelli: «Sarebbe una scelta di buon senso».
Loi: «Utilissimo, ma penso che non sia più possibile».
Don Ignazio Serra: «Andrebbe valutato da chi ha tutte le carte per poi decidere in maniera equa».
Quali aree giudicate idonee a ospitare i nuovi impianti?
Vargiu: «Aree industriali dismesse, cave, non da noi perché le cave sono sul mare. Zone abbandonate e comunque degradate. Sarà un problema individuarle».
Loche: «Per i Comuni è impossibile sostenere che un’area sia idonea a prescindere: dev’essere differenziata con le varie tipologie, i vincoli. Costruire una regola che valga per tutti i centri della Sardegna è davvero complesso. Intanto eliminerei le scorciatoie e assoggetterei tutti i progetti per le rinnovabili a procedure ordinarie».
Pradelli: «Viviamo in uno strano Paese dove è complicato avere le autorizzazioni per un gazebo e si blocca una pista ciclabile giudicata troppo vicina allo stagno di Cabras. Eppure si offre una corsia preferenziale, con procedure semplificate, ai progetti per le energie rinnovabili, anche in luoghi “sensibili”. Secondo me dovrebbero concentrarli nelle zone industriali, penso a Porto Torres o Ottana».
Loi: «Ho amici che hanno tanti pannelli solari a Terralba, in zone lontane da tutto, guadagnano anche un po’ di soldi. Nessuno è contro la transizione energetica ma è folle pensare di piazzare questi pali giganteschi in punti dove non si può mettere neanche un chiodo. La Regione mi ha fatto sbaraccare un piccolo zoo con fagiani e altri volatili che avevo creato per i clienti dell’ittiturismo e ora vogliono autorizzare questo scempio? Incredibile».
Don Ignazio Serra: «Se diventa possibile l’affronto, lo scempio che progettano a due passi dalla reggia nuragica di Barumini, in un contesto super tutelato, lo scrigno della nostra storia di sardi e unico sito Unesco della Sardegna, allora tutto può essere compromesso. L’inquinamento visivo non è meno grave di quello che possiamo creare nei mari, nei fiumi. Penso che si potrebbe optare per le aree industriali dismesse. Mai in quelle legate al turismo, all’agricoltura, alla nostra storia».
La moratoria approvata dalla Regione?
Vargiu: «In quel momento di tanto disordine ha messo un freno».
Loche: «Sicuramente un atto necessario che ha introdotto novità di un certo rilievo per le aziende agricole. Non entro nel merito dell’impugnazione».
Pradelli: «La considero importante se può servire a guadagnare il tempo necessario a stabilire le regole».
Loi: «Una perdita di tempo»
Don Ignazio Serra: «Si è bloccata l’emorragia. Temporaneamente».
La proposta di legge di Pratobello?
Vargiu: «Ha smosso l’opinione pubblica, la gente ha avuto finalmente informazioni sull’assalto in corso da un paio di anni».
Loche: «Ha dato un segnale forte, immediato e importante della volontà di una parte dei sardi, ha indicato chiaramente quale fosse la strada da seguire. Mi sembra però sia superata dalla proposta delle aree idonee».
Pradelli: «Fondamentale perché ha acceso i riflettori su un problema grave. Ha smentito la tesi che vorrebbe i sardi disuniti, è un punto di partenza importante».
Loi: «La parola di oltre centomila sardi dovrebbe essere ascoltata e portata avanti in ogni sede. Invece temo che nei prossimi anni continueremo a parlare di pale eoliche mentre costruiranno i nuovi impianti».
Don Ignazio Serra: «Ha acceso i riflettori in mezzo al buio, ha avuto l’effetto di una sentinella che grida mentre la gente dorme, in un momento di grande distrazione di massa. Dobbiamo per forza andare verso la transizione energetica che però non deve essere ridotta a transazione economica: qualcuno fa gli affari e gli altri subiscono, ciò che purtroppo sta avvenendo. Ci deve essere la volontà collettiva, ma i politici a volte si distraggono e non ascoltano la voce della base».
Michele Masala
Paolo Paolini